18.9.20

Casa di riposo. Cosa chiediamo ai candidati presidente della Regione Veneto e a chi dal Polesine entrerà nel nuovo Consiglio Regionale


Comitato Familiari della Casa del Sorriso – Badia Polesine

Comunicato stampa

Cosa chiediamo ai candidati presidente della Regione Veneto e a chi dal Polesine entrerà nel nuovo Consiglio Regionale.

Domenica 20 e lunedì 21 settembre si vota per l’elezione del nuovo presidente delle Regione Veneto e il rinnovo del Consiglio Regionale e da questi nascerà la composizione del governo del Veneto.

Con la Giunta Regionale uscente abbiamo avuto due contatti ufficiali: nell’ottobre del 2019 con l’assessore ai Servizi Sociali Manuela Lanzarin e lo scorso mese di agosto con il direttore del Servizi Sociali del Veneto Fabrizio Garbin. Dalla prima abbiamo avuto solo promesse mai mantenute, dal secondo ancora nessun risultato.

Ai candidati chiediamo che finalmente si stabilisca equità fra le case di riposo del Polesine: alcune hanno copertura quasi totale delle convenzioni erogate dalla Regione Veneto, altre, e quella di Badia Polesine è fra queste, hanno scoperture pesanti che pesano sui bilanci dell’ente e sulle famiglie.

In generale chiediamo la riforma del settore annunciata, solo dal presidente uscente Luca Zaia da almeno 10 anni, e mai attuata.

Chiediamo valutazioni oggettive sia sulle modalità di erogazione delle convenzioni regionali che sulla qualità dei servizi erogati dalle case di riposo perché non sono tutte uguali.

E’ chiaro che puntiamo al rispetto e al miglioramento della professionalità degli operatori delle case di riposo e desideriamo che si allevi il carico economico sostenuto dalle famiglie degli ospiti che per Badia Polesine è in troppi casi ben oltre la sostenibilità.

Chiediamo che la Regione pretenda dalla conferenza dei sindaci del nostro territorio un impegno più qualificato non solo nello specifico della conduzione delle case di riposo e le convenzioni, ma anche nella scelta di quanti andranno a comporre i vari consigli di amministrazione.

Badia Polesine 15/09/2020

1.7.20

Verso la Fase 3. Non è solo una questione di posti letto

fonte quotidianosanità.it

di Filippo Palumbo e Mariella La Falce

Si sente la mancanza di una visione complessiva e sistemica che tenga conto del fatto che l’impatto della pandemia sul SSN ha sconquassato tutta la filiera di servizi, attività e interventi, bloccando l’accesso ai servizi sanitari dei pazienti portatori di cronicità, di fragilità, di precario controllo dei fattori che possono in pochi giorni far emergere scompensi acuti o aprire la strada a rapidi peggioramenti del residuo stato di salute.

28 GIU - Già si è avuto modo di richiamare l’importanza che questa fase programmatoria post emergenziale (post?), per l’ampiezza dei temi da affrontare e per la cospicuità delle risorse mobilitate - sia condotta con celerità e completezza (“fare presto, fare bene”).
 
Qui si vuole dare un contributo ulteriore evidenziando come il compito delle Regioni non è certamente facilitato dalla sovrapposizione di disposizioni normative, spesso incoerenti e asistematiche.
....

28.6.20

Pronto soccorso di Trecenta, altro rinvio

da La Voce, 27 giugno 2020


Rabbia in Altopolesine: "Ma quando riavremo finalmente il nostro Pronto soccorso?"

“A mio modesto giudizio, in Polesine, mai siamo andati così male nel campo della sanità pubblica”. Questo l’esordio della comunicazione che Guglielmo Brusco, di Trecenta, esponente di Rifondazione Comunista, indirizza al direttore generale dell’Ulss 5 Antonio Compostella.

“Veniamo al Pronto Soccorso di Trecenta - prosegue Brusco - tolto con nota del direttore della Funzione Ospedaliera dell’Ulss 5, a fine marzo 2020, all’uso dei poveri possibili utenti altopolesani. Avete lasciato solo un punto di primo intervento. Insomma, invece di adibire qualche clinica privata a fare da ospedale Covid, il suo partito a Venezia ha incaricato lei di fare l’ospedale Covid a Trecenta, oltretutto con solo un Punto di primo intervento al posto del pronto soccorso. Dopo questo primo trauma, ne è arrivato un altro, il 30 aprile, quando sulla stampa le è stata attribuita la seguente dichiarazione: ‘Capiremo anche il futuro del pronto soccorso di Trecenta, se rimarrà punto di primo intervento, come è in questa fase di ospedale Covid, o se tornerà ad essere pronto soccorso vero e proprio. Poi sempre lei ci ha sorpreso, stavolta positivamente, dichiarando, il 3 giugno, che a fine giugno l’ospedale di Trecenta, sarebbe ritornato alla normalità. Grazie, dottor Compostella abbiamo detto tutti, sindaci compresi. Ancora lei proprio ieri, nella sua ennesima conferenza stampa fa chiaramente saltare la data del suo ripristino. Non credo proprio che a fine giugno il Pronto Soccorso del San Luca, ripartirà. O sbaglio?”.

21.6.20

Badia Polesine. La Casa del Sorriso...non sorride più!

Il Resto del Carlino, 19 giugno 2020

Da alcuni anni, da quando nostra madre, per motivi di salute è dovuta entrare in casa di riposo, stiamo seguendo le sorti di questo Ente.

Un Centro Servizi di indubbio valore, dove le figure professionali sono all’altezza dei compiti delicati ai quali debbono far fronte giorno dopo giorno.

Il loro intervento non è su cose, oggetti, apparecchiature, ma su persone che stanno affrontando, forse, l’ultimo periodo della loro vita.

In questo contesto ruotano diverse, figure, professionali e no.

In tutti questi anni, da quando è sorta, la nostra casa di riposo è riuscita a fornire un servizio prezioso di assistenza sociale e sanitaria, ma anche umana e spirituale alla cittadinanza locale ma anche al Polesine e alle provincie confinanti.

La situazione, dal punto di vista economico, ormai da alcuni anni, si è aggravata e l’Ente in questo ultimo periodo di “lockdown” si trova in grave difficoltà.

Le motivazioni sono molteplici, bisognerebbe tornare indietro di alcuni anni, scelte non sempre oculate fatte da precedenti amministrazioni, ma anche, la concorrenza con il privato accreditato che ha avuto il suo peso.

La Regione Veneto non sta facendo la sua parte; le difficoltà che stanno affrontando tutte le IPAB del Polesine e non solo, sono da reputare ad una riduzione nel complesso delle impegnative sanitarie e della quota sanitaria non aggiornata da almeno una decina di anni, ed inoltre da una riforma delle IPAB ancora da realizzare.

Vani sono stati finora i tentativi, dell’opposizione politica, dei sindacati della funzione pubblica, dei comitati familiari, di convincere la Giunta Regionale Veneta a interessarsi dei problemi delle RSA pubbliche, in maniera concreta ed efficace.

Il nostro Comitato Familiari degli ospiti della Casa del Sorriso di Badia Polesine, di cui anch’io faccio parte, ha più volte attirato l’attenzione dei media, facendo conoscere anche nel dettaglio la difficoltà in cui versa l’Ente.

Abbiamo coinvolto la popolazione locale, che si è mostrata interessata e preoccupata nello stesso tempo.

Siamo riusciti ad ottobre dell’anno scorso a parlare direttamente con l’Assessore ai Servizi Socio Sanitari e Assistenziali della Regione, Dott.ssa Manuela Lanzarin.

La quale ci ha fornito informazioni che ci facevano ben sperare per la soluzione dei problemi che versano le IPAB del Veneto.

Ma, ad oggi, quelle promesse non hanno dato alcun esito, anzi, la situazione si è aggravata maggiormente; I familiari degli ospiti si sono visti aumentare in due anni le rette in maniera considerevole sia a libero mercato sia per chi è in convenzione.

Ad ottobre dell’anno scorso il CDA della Casa del Sorriso ha portato la retta a libero mercato a circa 3000 euro al mese, mettendo in difficoltà molte famiglie e impedendo, di fatto, alle meno abbienti di entrare in struttura.

E’ una situazione che ritengo e riteniamo inaccettabile, occorre che la Regione Veneto intervenga al più presto se non vuole che molte case di riposo, compreso la nostra, abbiano un destino infausto.

La politica a livello locale e non solo, deve fare il possibile per aiutare la nostra Casa di riposo affinché continui a sorridere ancora per molti anni.

Badia Polesine 16- 06- 2020

Il Coordinatore del Comitato Familiari della Casa del Sorriso

15.6.20

"Scuola di Medicina a Treviso... e meno risorse per l’assistenza sanitaria dei cittadini"

fonte: https://www.rovigoindiretta.it/in-posta/2020/06/15/news/scuola-di-medicina-a-treviso-e-meno-risorse-per-lassistenza-sanitaria-dei-cittadini-91623/

Così il Coordinamento Veneto Sanità Pubblica sulla proposta del governatore Zaia


15/06/2020 - 10:46

Come cittadini veneti e membri di comitati di difesa del Servizio Sanitario Pubblico, ci sentiamo in dovere ed in diritto di intervenire in merito alla proposta del governatore Zaia di istituire l’intero corso della Scuola di Medicina nella “sua Treviso”.

Tale richiesta che sembra ad una prima lettura assolutamente condivisibile ha però un grave “difetto” : il denaro per finanziare il Corso universitario e le strutture viene sottratto a quello destinato dallo Stato alla realizzazione dei LEA, cioè all’ Assistenza sanitaria dei cittadini.

Allora ci chiediamo : perché distogliere risorse destinate all’ Assistenza sanitaria per creare nuovi corsi quando è noto universalmente che non sono le Facoltà di medicina a scarseggiare?

Per avere più medici basta aumentare il numero degli ammessi, aumentare le Borse di studio delle Scuole di Specializzazione e soprattutto indire concorsi ed assunzioni nel Sistema Sanitario Pubblico.

Sembra abbastanza fondato il dubbio che queste risorse milionarie vengano tolte alla medicina pubblica per favorire la medicina privata e crediamo che sia obbligatorio e doveroso insorgere contro questa tendenza.

Purtroppo si ha la netta sensazione che la programmazione sanitaria nel Veneto non si basi sulla analisi dei bisogni e sulla valutazione delle risorse disponibili, ma sia indirizzata spesso da interessi di campanile se non vogliamo usare la parola clientelismo politico.
Se la Giunta Regionale vuole migliorare l’assistenza sanitaria in Veneto esistono mezzi più economici ed efficaci che istituire nuovi corsi di laurea:
- Assumere personale sanitario medici, infermieri estremamente carenti in tutti gli ospedali e soprattutto nei servizi territoriali, diminuendo le liste di attesa e il ricorso ai privati
- Aumentare Posti Letto e ospedali di prossimità
- riorganizzare e potenziare i Distretti Sociosanitari e le Cure Domiciliari potenziando la Medicina Generale

per CoVeSaP (Coordinamento Veneto Sanità Pubblica):

Comitati Polesani per la difesa della salute (Rovigo)
Comitato per la difesa dell’Ospedale Fracastoro di San Bonifacio (Verona)
Comitato Sanità Pubblica Alto Vicentino (Vicenza)
Movimento per la difesa della Sanità Pubblica Veneziana (Venezia)
Comitato Alta Padovana (Padova)
Comitato S.O.S S. Antonio (Padova)

5.6.20

Ospedale di Trecenta, la ripresa misteriosa. No a un’ulteriore potatura dei rami del San Luca


Comitato altopolesano dei cittadini per il “San Luca”
presso Jenny Azzolini, Via Matteotti 82 – 45027 Trecenta (Ro) - Tel. 0425701126 – Cell.  3473490340

Data, 3 giugno 2020
La ripresa misteriosa
no a un’ulteriore potatura dei rami del San Luca
Cerco di seguire con attenzione gli aggiornamenti(?) del dott. Compostella.
Non vogliamo essere rompiscatole, non vogliamo danneggiare l’immagine dell’Ulss, non vorremmo nemmeno criticare perché coscienti delle difficoltà.
Ma vorremmo chiarezza nelle comunicazioni.
Ci ha lasciati perplessi l’ultima risposta alla domanda: “Non ho sentito precise indicazioni sulla riapertura di servizi al San Luca (tolto il tema prelievi). Vorrei essere informata per aggiornare sul Comitato gli altopolesani che mi interrogano. Non mi piace rispondere "pare... si dice".
Risposta “Gentile, abbiamo già dato informazioni venerdì alla stampa riguardo al futuro dell’area covid di Trecenta. Mercoledì faremo un punto anche legato alla situazione della riapertura. Cordiali saluti”.
Speriamo che mercoledì (3 giugno) si faccia veramente il punto sull’offerta “necessaria” dei servizi nel San Luca.
Ormai si spostano troppo le date:
  • 11 maggio, ”Rovigo in diretta” il dottor Compostella avrebbe dichiarato che il San Luca si avviava alla normalità;
  • 12 maggio: si stava valutando il ritorno del Punto di primo soccorso a PRONTO SOCCORSO;
  • 18 maggio abbiamo sentito un altro vago “gradualmente si sta tornando alla normalità”;
  • il 25 maggio:nei prossimi giorni daremo informazioni puntuali.
Abbiamo aspettato mercoledì 3 giugno. E il 3 giugno leggiamo su Rovigooggi le parole di Compostella ”... potremo pensare di ripristinare l’attività ordinaria dell’ospedale, manca ancora Chirurgia e Pronto Soccorso... tra un mese Trecenta tornerà alla “sua normalità...”.
Dall’intervento di oggi emerge che gran parte dell’attività del San Luca è stata avviata. 
A noi risulta che i medici di base non siano stati aggiornati, e ci risulta che l’attività avviata sia limitata ad urgenze e priorità. Il dubbio sull’efficienza normale dei servizi è tale che il direttore lamenta una ondata di telefonate con richieste di informazioni precise sui reali servizi(ambulatori compresi).
Non sappiamo a cosa attribuire tutte queste vaghezze: ci sono difficoltà che noi non conosciamo perché non ci riguardano o perché è bene che non conosciamo?
Oppure l’incertezza è da attribuire alla mancanza di reale intenzione di programmare il ritorno a una normalità. Portando a termine finalmente quella gradualità da tempo annunciata.
Oppure, come insinua qualcuno, la diluizione appartiene a una strategia di logoramento delle attese della gente.
Noi ci rendiamo conto che la gestione di una situazione eccezionale sia oggettivamente impegnativa ma ci preoccupa molto il dire e non dire.
Non vorremmo che il triste evento Covid offrisse l’occasione/pretesto per un’ulteriore potatura dei rami del San Luca.

Per il Comitato altopolesano dei cittadini per il San Luca
la portavoce - Jenny Azzolini

29.4.20

Morti Covid, tutte le bugie in Europa. Ecco i dati reali

di Milena Gabanelli e Simona Ravizza
Ogni giorno tutti i Paesi d’Europa (e non solo) comunicano i bollettini ufficiali con contagi e decessi. Ma, in particolare sul numero di vittime, quanto sono davvero attendibili Italia, Spagna, Regno Unito, Francia, Svezia, Svizzera e Paesi Bassi? Per la Germania e il Belgio non è possibile saperlo, perché non comunicano ancora i dati necessari a scoprirlo. In base alle statistiche ufficiali, oggi l’Italia è il Paese europeo più colpito dopo la Spagna. Il drammatico bilancio delle vittime, ormai intorno alle 27 mila, è addirittura il più alto. Per capire, però, il reale impatto del virus sul nostro Paese rispetto al resto d’Europa bisogna sapere chi dice davvero la verità e quanto è ridimensionato il numero dei decessi.
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26.4.20

Crisanti a TPI: “Le donne si negativizzano prima. Il Veneto si è salvato perché abbiamo blindato gli ospedali”

fonte: tpi.it
Segnalo questa lunga e interessante intervista al prof. Andrea Crisanti dell'università di Padova.

Luca Zaia lo chiama "l'uomo dei tamponi": è a lui che ha affidato l'esperimento di Vo' Euganeo, dove sono stati sottoposti a test tutti i cittadini. "L'ho chiamato e mi ha dato subito fiducia", racconta il professore. Che poi spiega la particolarità del Coronavirus: "Si infettano i neonati, ma non i bambini fino a 10 anni". L'intervista di Selvaggia Lucarelli

Di Selvaggia Lucarelli
Pubblicato il 22 Apr. 2020 alle 11:59Aggiornato il 22 Apr. 2020 alle 12:07
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4.4.20

Ulss 5, ancora pochissimi i tamponi eseguiti in Polesine



I positivi potrebbe essere molti di più



In un precedente post "Covid-19, nell'Ulss 5 eseguiti solo 308 tamponi a fronte di 1.334 casi sospetti. Polesani cittadini di serie Z, come Zaia" ho pubblicato il bollettino dell'Ulss 5 sulla situazione dell'infezione da Covid-19 alla data del 18 marzo 2020, alle ore 12.00.

Mettevo in evidenza che a fronte di 860 persone in isolamento domiciliare e di altre 474 in sorveglianza attiva, per un totale di 1.334 casi sospetti, l'Ulss 5 avesse eseguito soltanto 308 tamponi, mentre nel resto del Veneto erano 32mila.
All'epoca i contagiati erano 55 nell'intera provincia.

Pubblico ora i medesimi dati alla data del 3 aprile 2020, alle ore 12.30 (vedi bollettino Ulss)

  • Persone in isolamento domiciliare 1.792
  • Persone in sorveglianza attiva 613
  • Totale casi sospetti 2.405
  • Tamponi eseguiti nella provincia 1.555
  • Contagiati 181

I tamponi eseguiti in Veneto alle ore 17.00 del 3 aprile sono 126.490 (vedi tabella della protezione civile).

Ora io mi rendo conto che nelle altre province l'elevato numero di contagiati richieda una gran quantità di tamponi, ma in Polesine il numero di quelli eseguiti è così basso da far temere che, in realtà, i positivi siano di gran lunga di più.

2.4.20

L'ospedale "San Luca" non ha più un vero pronto soccorso


Con la trasformazione dell'ospedale di Trecenta in hub Covid-19 per la provincia di Rovigo viene inspiegabilmente trasformato anche il pronto soccorso, ora declassato a punto di primo intervento di base.
Eppure era già stato individuato un percorso dedicato ai pazienti Covid, perché togliere all'ospedale la piena funzionalità del pronto soccorso?
Una decisione non determinata dalla temporanea trasformazione in ospedale Covid, che ora lascia l'altopolesine privo di un vero pronto soccorso.


La denuncia di Guglielmo Brusco a ROVIGO IN DIRETTA. L'Ulss 5 Polesana ha adottato questa nuova organizzazione:
  1. Ripristino Integrale della funzionalità del Pronto Soccorso di Adria, attività che era stata rimodulata dal 9 marzo 2020;
  2. Trasformazione del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Trecenta in “Punto di Primo Intervento di Base” e cioè come:
  • Base medicalizzata di soccorso territoriale
  • Assistenza alle persone che si presentano spontaneamente
  • Stabilizzazione e trasporto di pazienti al pronto soccorso di riferimento
  • Diagnostica di base per screening delle patologie maggiori
  • Erogazione di prestazioni sanitarie minori

L'Ulss e l'amministrazione regionale non hanno ancora preso alcun impegno circa il ripristino dei reparti e dei servizi una volta che sarà superata l'emergenza Covid-19.

31.3.20

COVID-19, ecco quando si azzereranno i contagi. Le previsioni regione per regione



Uno Studio pubblicato ieri dall'Istituto Einaudi (Einaudi Institute for Economics and Finance - Eief) si propone di stimare le variazioni quotidiane del contagio e la loro evoluzione nel tempo.
L’intento è quello di formulare le prime proiezioni attendibili sulla data nella quale l’Italia arriverà a raggiungere quota zero nei nuovi contagi registrati.

Alcune regioni sembrano già più avanti di altre: in Trentino-Alto Adige, per esempio, la soglia di ZERO nuovi contagi dovrebbe essere raggiunta il 6 aprile, in Basilicata il giorno seguente, in Valle d’Aosta il giorno dopo ancora, mentre in Puglia ci si dovrebbe arrivare il 9 aprile. Per le regioni più colpite d’Italia potrebbe invece volerci più tempo. In base alle estrapolazioni, il Veneto e il Piemonte arriverebbero al giorno-zero tra il 14 e il 15 aprile, la Lombardia il 22 aprile e l’Emilia-Romagna il 28 aprile. Per il Lazio la direzione di marcia indica un obiettivo al 16 aprile, pochi giorni prima di Calabria e Campania.

Attenzione, tali previsioni hanno un senso solo se le misure restrittive verranno rispettate e fatte rispettare: infatti, sempre nel grafico si può notare come alla riapertura della vita civile ed economica potrebbero presentarsi nuovi scenari, rappresentati dalle aree colorate di azzurro; si potrà dunque verificare un nuovo aumento controllato di contagi, oppure un nuovo pericoloso boom. Sta a noi e ai Governi decidere la strada più corretta.

Scarica la sintesi in italiano
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28.3.20

Combattere COVID-19 in Italia: etica, logistica e terapie dalla linea del fronte dell'epidemia

di Lisa Rosenbaum, M.D. (NEJM, March 18, 2020)
traduzione Dr. Simone Sbrenna, MD, PhD, medico convenzionato SSN

Introduzione a cura del Dr. Simone Sbrenna
Con un articolo sul prestigioso New England Journal of Medicine, la Dr.ssa Lisa Rosenbaum, cardiologa di Boston, Massachusetts, invita la comunità scientifica a non negare l’evidenza: a fronte di risorse ospedaliere limitate, l’epidemia da COVID-19 mette ogni giorno i medici italiani nella condizione di dover scegliere quali pazienti salvare e quali lasciar morire. Come il diritto al lavoro, anche il diritto alla salute (riconosciuto all’articolo 32 dalla Costituzione italiana come diritto fondamentale dell'individuo) è ormai lettera morta, essendo stato sacrificato sull’altare del pareggio di bilancio. In altre parole, l’obiettivo perseguito dal sistema sanitario nazionale non è più quello di tutelare la salute dei cittadini, ma di contenere la spesa sanitaria. Oltre ad auspicare la massima trasparenza su ciò che sta accadendo in Lombardia per ottenere maggiore cooperazione dalla popolazione (concetto condivisibile), la dr.ssa Rosenbaum insiste sul fatto che la scarsità delle risorse sia un dato di fatto ineludibile e non una precisa scelta di politica economica (concetto su cui vale la pena, invece, di riflettere). Dunque la giusta domanda da porsi forse non è “quale di questi due pazienti è più etico salvare?”, bensì “cosa ha reso impossibile salvarli tutti e due?”.


Combattere COVID-19 in Italia: etica, logistica e terapie dalla linea del fronte dell'epidemia. https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMp2005492
Lisa Rosenbaum, M.D. (NEJM, March 18, 2020)


Alcune settimane fa, il dottor D., primario di cardiologia di mezza età in uno dei più grandi ospedali del nord Italia, ha avuto la febbre. Temendo di essere stato contagiato da COVID-19, ha chiesto di eseguire un tampone nasofaringeo, ma gli è stato risposto che non c'erano abbastanza tamponi disponibili e che poteva eseguire il test solo chi aveva avuto contatti stretti con una persona infetta. Gli è stato quindi consigliato di restare a casa fino alla risoluzione della febbre. E’ tornato al lavoro 6 giorni dopo, ma dopo 5 giorni la febbre si è ripresentata e a breve è comparsa anche la tosse. Si è nuovamente messo in quarantena nel seminterrato della sua abitazione per non esporre la sua famiglia al rischio di contagio.

Con la metà dei 1000 letti del suo ospedale occupati da pazienti infettati da COVID-19, il dottor D., che alla fine ha potuto eseguire il tampone nasofaringeo e il 10 marzo ha ricevuto come risposta un risultato positivo, sa di essere un malato fortunato, almeno rispetto ai circa 60-90 pazienti contagiati da COVID-19 che si presentano quotidianamente al pronto soccorso del suo ospedale. La ventilazione non invasiva viene tentata nel maggior numero possibile di casi, ma la rapidità del deterioramento respiratorio nei pazienti più gravi, compresi alcuni giovani, è sorprendente e spesso imprevedibile. "Non hai una bibbia predittiva per orientarti", mi ha detto il dottor D. e tale incertezza non fa che accentuare l'agonia per le decisioni difficili che i dottori sono costretti a prendere. "Dobbiamo decidere chi può andare avanti e chi no" ha aggiunto.

Il dottor D. è uno dei tre medici con cui ho parlato che ha in cura i pazienti contagiati da COVID-19 in Lombardia, costretta a sopportare il peso di migliaia di infezioni da coronavirus e, a metà marzo, di più di 1000 morti. Sebbene la natura catastrofica dell'epidemia in Lombardia sia stata ampiamente raccontata (https://www.nytimes.com/2020/03/12/world/europe/12italy-coronavirus-health-care.html), quando ho parlato con loro, tutti e tre hanno richiesto l'anonimato, perché stavano trasgredendo le direttive ricevute. Il dottor L., un medico dello staff di un altro ospedale, ha ricevuto un promemoria ospedaliero che proibisce di parlare con la stampa per evitare di provocare ulteriore allarme nella popolazione. Tuttavia, come ha sottolineato, minimizzare la gravità della situazione sta avendo conseguenze letali. "I cittadini faticano ad accettare le restrizioni", ha detto, "a meno che tu non dica loro la verità".

Ecco l’amara verità. Sebbene il sistema sanitario italiano sia molto apprezzato e abbia 3,2 letti ospedalieri per 1000 persone (rispetto a 2,8 negli Stati Uniti), soddisfare contemporaneamente le esigenze di così tanti pazienti in condizioni critiche si è rivelato impossibile. Gli interventi chirurgici non urgenti sono stati annullati, le procedure differibili sono state posticipate e le sale operatorie sono state trasformate in unità di Terapia Intensiva di fortuna. Con tutti i letti occupati, le aree amministrative e i corridoi sono disseminati di pazienti, alcuni dei quali sottoposti a ventilazione non invasiva.

Come curare questi pazienti? Oltre al supporto respiratorio mediante ventilazione, nella terapia delle forme più gravi di polmonite virale da COVID-19 possiamo solo procedere per tentativi, provando a usare Lopinavir-Ritonavir, Clorochina e talvolta cortisonici ad alte dosi.

E come continuare a prendersi cura dei pazienti che presentano altre malattie non correlate a COVID-19? Sebbene gli ospedali stiano cercando di creare unità separate dedicate ai pazienti COVID-19, è difficile proteggere gli altri pazienti dal contagio. Il dottor D., ad esempio, ha riferito che almeno cinque pazienti che erano stati ricoverati nel suo ospedale per infarto miocardico si presume che siano stati infettati da COVID-19 proprio mentre erano ricoverati in ospedale.

Se proteggere gli altri pazienti è difficile, lo è anche proteggere gli operatori sanitari, inclusi infermieri, terapisti respiratori e coloro che hanno il compito di pulire le stanze tra i pazienti. Quando abbiamo parlato, il dottor D. era uno dei sei medici della sua divisione sospettati di aver contratto l'infezione da COVID-19. Dati i ritardi nei test e la percentuale di persone infette che rimangono asintomatiche, è troppo presto per conoscere il tasso di infezione tra il personale ospedaliero. E sono proprio queste circostanze che rendono così difficile il controllo dell’epidemia. "L'infezione è ovunque in ospedale", mi ha detto il dottor D. "Anche se indossi indumenti protettivi e fai il meglio che puoi, non puoi controllarli."

La sfida, ha precisato, non è tanto il prendersi cura dei pazienti con malattia critica correlata a Covid-19, nelle cui stanze i medici entrano indossando dispositivi di protezione, ma lo svolgimento delle molte altre attività quotidiane del personale sanitario: toccare i computer, salire sugli ascensori, vedere i pazienti ambulatoriali, mangiare qualcosa. La quarantena obbligatoria per medici e infermieri infetti, anche quelli con malattia lieve, sembra fondamentale per il controllo delle infezioni. Pertanto, la carenza di manodopera dovuta ai colleghi ammalati deve essere gestita in qualche modo, anche tenendo conto che il personale ospedaliero con un’età più avanzata è sicuramente più vulnerabile all’infezione da COVID-19. Un giovane, il dottor S., mi ha detto che nel suo ospedale sono soprattutto i medici più giovani a combattere in prima linea, anche svolgendo turni extra e lavorando al di fuori delle loro specializzazioni. Ciò nonostante, ha aggiunto, tra i suoi colleghi più anziani non c’è nessuna volontà di fare un passo indietro. "Puoi vedere la paura nei loro occhi", ha detto, "ma non rinunciano a svolgere il loro lavoro di medici."

Qualunque sia la paura che questi medici nutrono per la propria salute, quello che sembrano trovare ben più insopportabile è guardare le persone morire perché la scarsità delle risorse limita la disponibilità di supporti per la ventilazione meccanica dei pazienti più gravi. La situazione è così drammatica da spingerli ad esitare nel descrivere come siano costretti a prendere decisioni estreme. Il dottor S. ha tracciato uno scenario “ipotetico” che coinvolge due pazienti con insufficienza respiratoria, uno di 65 anni e l'altro di 85 anni affetto da altre patologie: con un solo ventilatore, devi intubare il 65enne (e lasciare morire l’85enne). Il dottor D. mi ha detto che il suo ospedale ha preso in considerazione, oltre alla presenza di altre malattie, la gravità dell'insufficienza respiratoria e la probabilità di sopravvivere all'intubazione prolungata, con l'obiettivo di dedicare le sue risorse limitate a coloro che possono trarne maggiori benefici avendo una probabilità più alta di sopravvivere.

Sebbene gli approcci varino anche all'interno di un singolo ospedale, da quello che ho sentito spesso all'età viene dato una maggiore rilevanza. Ho ascoltato il racconto, ad esempio, riguardo un ottantenne che era "in perfetta salute fisica" fino a quando non ha sviluppato insufficienza respiratoria acuta da COVID-19. È morto perché non è stato possibile offrirgli la ventilazione meccanica. Anche se il sistema sanitario in Lombardia dispone di risorse importanti e ha ampliato il più possibile i posti letto in terapia intensiva, semplicemente non c'erano abbastanza ventilatori per tutti i pazienti che ne avevano bisogno. "Non c'è modo di trovare un'eccezione", mi ha detto il dottor L. "Dobbiamo decidere chi deve morire e chi dovremo mantenere in vita."

A contribuire alla scarsità delle risorse è l'intubazione prolungata di cui molti di questi pazienti necessitano a causa della polmonite virale - spesso da 15 a 20 giorni di ventilazione meccanica, con diverse ore trascorse in posizione prona e poi, in genere, uno svezzamento molto lento. Durante l’epidemia da COVID-19 in corso nel nord Italia, mentre i medici lottano ogni giorno per svezzare i pazienti dalla ventilazione meccanica, continuano ad arrivare altri pazienti con grave scompenso respiratorio, e gli ospedali hanno dovuto abbassare il limite di età dei pazienti da intubare, da 80 a 75 anni in un ospedale, per esempio. Sebbene i medici con cui ho parlato non fossero in alcun modo responsabili delle risorse insufficienti, tutti erano particolarmente sofferenti di fronte alla richiesta di descrivere come venivano prese le decisioni circa la scelta di quali pazienti intubare. Le mie domande sono state accolte con il silenzio o con l'esortazione a concentrarsi esclusivamente sulla necessità di prevenire i contagi e di mantenere opportune distanze tra le persone. Quando ho insistito con il dottor S., ad esempio, chiedendo se si stesse badando sull’età per decidere quali pazienti mettere in ventilazione meccanica, alla fine ha ammesso quanto gli dispiacesse di parlarne. "Questa non è una cosa bella da dire", mi ha detto. "Spaventerai solo un sacco di persone."
Il dottor S. è solo uno fra i tanti. La sofferenza generata dal dover prendere queste decisioni ha spinto molti medici della regione a cercare un consiglio etico. In risposta, il Collegio Italiano di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Rianimazione (SIAARTI) ha formulato raccomandazioni sotto la direzione di Marco Vergano, anestesista e presidente della Sezione Etica della SIAARTI (http://www.siaarti.it/SiteAssets/News/COVID19%20-%20documenti%20SIAARTI/SIAARTI%20-%20Covid-19%20-%20Clinical%20Ethics%20Reccomendations.pdf). Vergano, che ha lavorato sulle raccomandazioni da seguire nella cura dei pazienti critici in terapia intensiva, ha affermato che il comitato ha fatto appello alla "ragionevolezza clinica" e a quello che ha definito un approccio "utilitaristico soft" di fronte alla scarsità di risorse. Sebbene le linee guida non suggeriscano che l'età debba essere l'unico fattore che determina l'allocazione delle risorse, il comitato ha riconosciuto che potrebbe essere necessario fissare un limite di età per l'ammissione in terapia intensiva.

Spiegando la logica delle raccomandazioni, Vergano ha descritto quanto sia difficile per i pazienti fragili e per gli anziani sopravvivere alla prolungata intubazione richiesta per superare la polmonite causata da COVID-19. Per quanto straziante fosse ammetterlo, dopo circa una settimana di massiccia epidemia, è stato chiaro che intubare pazienti che avevano probabilità particolarmente basse di sopravvivere significava negare il supporto ventilatorio a chi invece aveva più alte speranze di sopravvivenza. In ogni caso, trattandosi di questioni così spinose, quando si deve mettere in pratica un razionamento delle risorse, passare il tutto sotto silenzio rende le cose più facili. D’altro canto, la guida etica è stata anche ampiamente criticata e i membri del comitato sono stati accusati di discriminare gli anziani. Altre critiche si sono basate sul fatto che la gravità della situazione sia stata sovradimensionata e che COVID-19 in fondo non sia peggio dell'influenza stagionale.

Sebbene i dilemmi etici, per definizione, non abbiano un’unica risposta giusta, se e quando altri sistemi sanitari affronteranno simili decisioni di razionamento delle risorse, il contraccolpo sociale sarà inevitabile. Per definire un contesto etico che regoli l'allocazione delle risorse in base alle priorità della società, Lee Biddison (un intensivista del Johns Hopkins), ha tenuto seminari in tutto il Maryland per confrontarsi con le posizioni dei membri della comunità. Il documento risultante, pubblicato nel 2019 e intitolato "Troppi pazienti ... un quadro per guidare l'allocazione statale della scarsa ventilazione meccanica durante i disastri" ha fatto notare che "una pandemia di influenza simile a quella del 1918 richiederebbe una terapia intensiva e una capacità di ventilazione meccanica significativamente maggiori di quelle ora disponibili” ed è giunto a principi etici simili a quelli del comitato italiano (Biddison et al. Chest 2019;155:848-854)..

I partecipanti hanno mostrato di condividere la bontà della scelta di salvare i malati con maggiore possibilità di sopravvivenza nel breve termine, e in seconda battuta, i malati che, grazie all’assenza di altre patologie coesistenti, avessero maggiori possibilità di sopravvivenza nel lungo termine. Sebbene i contributi dei partecipanti abbiano sottolineato che l'età non dovrebbe essere il criterio principale o unico per l'allocazione delle risorse, tutti hanno però riconosciuto che esistono circostanze in cui "potrebbe essere appropriato considerare l’età anagrafica nel processo decisionale".
Nonostante tali premesse etiche, quando si verifica una scarsità di risorse, ci sono molti scenari che potrebbero ancora risultare moralmente inaccettabili, in particolare a fronte ad una maggiore incertezza prognostica. Ad esempio, dovremmo togliere la ventilazione meccanica a un paziente stabilizzato che resiste strenuamente per darla a un altro paziente entrato da poco in insufficienza respiratoria? Dovremmo preferire di intubare una 55enne sana rispetto a una giovane madre con carcinoma mammario la cui prognosi non è chiara? Nel tentativo di affrontare tali dilemmi, Biddison e colleghi hanno anche formulato tre principi relativi alla questione che paiono vincolanti quanto quelli etici.

Il primo e più importante è separare i medici che forniscono assistenza da quelli che prendono le decisioni durante il triage, cioè durante l’inquadramento clinico del paziente. Il "responsabile del triage", supportato da un team con esperienza infermieristica e di terapia respiratoria, prenderebbe decisioni di allocazione delle risorse comunicandole al team clinico, al paziente e alla famiglia. Il secondo è che le linee guida generali per tali decisioni dovrebbero essere riviste periodicamente da un comitato di monitoraggio centralizzato a livello statale per garantire che non vi siano iniquità o scelte inadeguate. Il terzo è che anche l'algoritmo di triage dovrebbe essere rivisto regolarmente man mano che le conoscenze sulla malattia evolvono. Se decidessimo di non intubare i pazienti con COVID-19 per più di 10 giorni, per esempio, ma poi venissimo a sapere che questi pazienti hanno bisogno di almeno 15 giorni per riprendersi, avremo bisogno di cambiare i nostri algoritmi.

Unificare tutti questi principi, sia etici che pragmatici, equivale alla consapevolezza che solo mediante la massima trasparenza e inclusività sarà possibile ottenere la fiducia e la cooperazione della popolazione. In tutto il mondo - dai medici con la museruola in Cina, alle false promesse sulla capacità di eseguire tamponi per COVID-19 negli Stati Uniti, alle confutazioni delle affermazioni sul razionamento delle risorse in Italia - stiamo osservando che negare l’evidenza è controproducente. Il momento in cui la capacità di intervento viene sopraffatta dal panico dipende e dipenderà sempre dal contesto. Ma la tragedia in Italia rafforza la saggezza di molti esperti di sanità pubblica: usciremo da questa pandemia con la coscienza a posto solo se l’unica accusa che ci verrà rivolta sarà quella di avere affrontato l’emergenza esagerando le contromisure messe in atto.


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23.3.20

Inquinamento da polveri sottili e diffusione del Coronavirus

Una prima analisi sulla diffusione del Covid-19 in relazione ai superamenti dei limiti dei PM10


In generale
Il particolato atmosferico funziona da carrier, ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus. Inoltre, costituisce un substrato che può permettere al virus di rimanere nell’aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni.
Un’umidità relativa elevata può favorire un più elevato tasso diffusione del virus cioè di virulenza.
Il particolato atmosferico (PM10, PM2.5) costituisce un efficace vettore per il trasporto, la diffusione e la proliferazione delle infezioni virali.

Covid-19 e polveri sottili
Lo studio prodotto da Sima (Società Italiana di Medicina ambientale), Università di Bologna e Università di Bari, ha analizzato per ciascuna provincia:
- i dati di concentrazione giornaliera di PM10 rilevati dalle Agenzie Regionali per la Protezione
Ambientale (ARPA) di tutta Italia. Sono stati esaminati i dati pubblicati sui siti delle ARPA
relativi a tutte le centraline di rilevamento attive sul territorio, considerando il numero degli
eventi di superamento del limite di legge (50 μg m-3) per la concentrazione giornaliera di
PM10;
- i dati sul numero di casi infetti da COVID-19 riportati sul sito della Protezione Civile
(COVID-19 ITALIA)

Viene evidenziata una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo 10 Febbraio-29 Febbraio e il numero di casi infetti da COVID-19 aggiornati al 3 Marzo (considerando un ritardo temporale intermedio relativo al periodo 10-29 Febbraio di 14 gg approssimativamente pari al tempo di incubazione del virus fino alla identificazione della infezione contratta).
La relazione tra i casi di COVID-19 e PM10 suggerisce un’interessante riflessione sul fatto che la concentrazione dei maggiori focolai si è registrata proprio in Pianura Padana mentre minori casi di infezione si sono registrati in altre zone d’Italia.


Commenti a questo e altri studi:
Coronavirus e inquinamento, ecco come stanno davvero le cose
Coronavirus e ambiente. L'INQUINAMENTO può favorire IL CONTAGIO e la virulenza del COVID-19
Coronavirus: l'inquinamento ha aperto la strada alla diffusione dell'infezione

18.3.20

Covid-19, nell'Ulss 5 eseguiti solo 308 tamponi a fronte di 1.334 casi sospetti. Polesani cittadini di serie Z, come Zaia


Incomprensibile il comportamento dell'Ulss 5 Polesana


Questo è il bollettino dell'Ulss 5 sulla situazione dell'infezione da Covid-19 alla data di oggi, 18 marzo 2020, alle ore 12.00.

A fronte di 860 persone in isolamento domiciliare e di altre 474 in sorveglianza attiva, per un totale di 1.334 casi sospetti, l'Ulss 5 ha eseguito soltanto 308 tamponi.


Ma come? Dove sono andati a finire i 32.000 tamponi che la regione dichiara di aver eseguito fino a due giorni fa? Dappertutto ma non qui in Polesine.

Al 13 marzo, in questa Ulss, erano stati eseguiti soltanto 185 tamponi con 23 casi positivi (vedi precedente post). Il presidente della giunta regionale ha dichiarato che da lunedì scorso i tamponi giornalieri sarebbero passati da 2.000 a 15.000 e questa decisione è stata sbandierata in tutte le sedi, il Veneto è diventato un modello da seguire.

Ora i casi sono due, o è stata tutta propaganda oppure i polesani sono cittadini di serie Z, come Zaia.


Intanto i positivi sono raddoppiati in due giorni.

16.3.20

Coronavirus. COME SI COMBATTE IN MODO EFFICACE UN’EPIDEMIA? Uno studio del Dr. Simone Sbrenna di Badia Polesine



Dal link sotto riportato è possibile scaricare un elaborato del Dr. Simone Sbrenna, Medico di Medicina Generale con ambulatorio in Badia Polesine.
Il documento è soggetto alla seguente licenza Creative Commons:

Si tratta di un lavoro specialistico che, infatti, è stato inviato alla direzione sanitaria dell'Ulss 5 quale contributo alla lotta contro il contagio da Covid-19. Tuttavia, per i lettori più interessati, può essere comunque comprensibile e di notevole interesse.

Nel testo sono linkate le fonti utilizzate.


Riporto qui le conclusioni.


  • L’epidemia da COVID-19 non è una “banale influenza stagionale” ed è gravata da una significativa mortalità, specie nelle fasce più anziane della popolazione.
  • Come risulta evidente da quanto visto finora, il modo più efficace per contrastare l’epidemia è eseguire un elevato numero di tamponi naso-faringei per diagnosticare precocemente i sospetti contagiati e di isolarli.

Scarica il testo integrale in formato pdf

AGGIORNAMENTO
Intervista al Dr. Simone Sbrenna, Il Resto del Carlino 24 marzo 2020

15.3.20

Coronavirus, i casi positivi in provincia di Rovigo aumentano ancora


da RovigoOggi.it

Segnalo questo articolo di RovigoOggi.it pubblicato il 14 marzo 2020, perché ci permette di rilevare un dato che mi pare significativo.

L'Ulss 5 Polesana, dall’inizio dell’emergenza, ha eseguito soltanto 185 tamponi.

Una quantità irrisoria se rapportata al totale di quelli esaminati nel Veneto oltre 32.000 a oggi.

Domanda: se nella provincia di Rovigo avessimo fatto 1.850 tamponi, dieci volte di più, i positivi sarebbero ancora 23?

14.3.20

Coronavirus. Le risorse disponibili per avere informazioni sicure


Per ottenere informazioni certe sullo stato del contagio, sulla mortalità e sulle guarigioni, segnalo alcune risorse di semplice consultazione.

Innanzi tutto il sito del ministero della salute http://www.salute.gov.it/portale/home.html cliccando sul banner in evidenza dedicato al nuovo coronavirus
Si accederà così alla sezione Notizie, e attendere che compaia, ad es. Covid-19: i casi in Italia alle ore XX del XX marzo per accedere al bollettino del giorno prima. Subito sotto, alla voce Consulta Tabelle è possibile visualizzare la Situazione in Italia e la Ripartizione per province alla stessa data.
Ancora più sotto, alla sezione Vai è possibile cliccare su Mappa della situazione in Italia per accedere ai dati elaborati dalla Protezione civile. Molto interessante.
Dalla parte in basso a destra, sezione Download dati: è possibile scaricare, in vari formati, tutte le informazioni utili sulla diffusione del contagio. Lo storico delle rilevazioni rimane disponibile.

La raccolta dei provvedimenti urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 è disponibile sul sito della Gazzetta Ufficiale a questo link: https://www.gazzettaufficiale.it/dettaglioArea/12

13.3.20

Covid-19. A proposito dell'ospedale San Luca, della terapia intensiva e degli ospedali privati convenzionati



Paolo Rizzati



Mi riallaccio alla notizia diffusa ieri (11 marzo 2020 ndr) secondo la quale il San Luca di Trecenta ospiterà le urgenze relative al Covid19 con l'attivazione di altri posti letto di terapia intensiva che potrebbero diventare, in relazione alle necessità che si dovessero prospettare, 10, o anche 15 con l'utilizzo di spazi delle sale operatorie (4 sono quelli previsti dalle schede ospedaliere approvate con la delibera della Giunta Regionale n. 614/2019).
Prima considerazione: BENE, il San Luca esce dal pesante cono d'ombra nel quale era finito dopo l'approvazione dell'ultimo Piano Socio Sanitario Regionale, è di nuovo tracciato dai radar aziendali;
Seconda considerazione: ciò premesso, il San Luca non può e non deve diventare il "lazzareto" di zaiana memoria, ma deve poter recuperare tanti dei posti letto e servizi eliminati con gli ultimi due piani socio sanitari: la sua importanza, non solo nel contesto altopolesano ma provinciale, non può essere messa in discussione!
Terza considerazione: sempre le schede di cui alla delibera di G.R. 614/2019 prevedono per le tre strutture private di Porto Viro, S.M. Maddalena e Rovigo, rispettivamente, 150 posti letto - il San Luca ne conteggia 132! - + 15 extra, 54 p.l. + 31 extra e 100 p.l. + 6 extra; il presidio bassopolesano si è visto assegnare, anche, 4 posti letto di terapia intensiva: queste strutture, che ingoiano un sacco di soldi pubblici, sono state coinvolte nella lotta al Covid19? Se si, come? Se no, perché?
Non ho sentito (mi è sfuggita?) alcuna dichiarazione dei responsabili delle cliniche private di cui sopra, sempre pronti a comparire sui media per tessere le lodi del loro insostituibile ruolo di primari attori della sanità polesana e veneta, che dicesse: signori, ci siamo anche noi! Diamo la nostra piena disponibilità in questo terribile momento per far fronte alle tante e gravi necessità!
Armiamoci e partite! A noi la polpa e a voi l'osso!
Quarta considerazione: in questi giorni è stato diffuso un documento di un'associazione di categoria - SIAARTI - dei medici che lavorano in Terapia Intensiva nel quale, in estrema sintesi, si affermava che, se i posti letto non dovessero essere sufficienti, si "raccomanda" di utilizzarli solo per coloro che hanno una maggiore aspettativa di vita (i più giovani) lasciando al loro destino i più vecchi. Una prospettiva semplicemente allucinante dal punto di vista etico ed anche giuridico - artt. 3 e 32 della Costituzione - (con quali criteri, poi? Tra un 30enne con patologie e un 70enne ancora in forma chi si sceglierà?). Ma la domanda collegata è: perché siamo arrivati a questo punto?
Non è che, al di là della indiscutibile gravità della situazione, molto di più si sarebbe potuto fare e si potrebbe fare se la sanità pubblica non fosse stata massacrata come lo è stata negli ultimi 20/25 anni? E in questo, purtroppo, Veneto docet...
Trecenta 12/03/2020

Coronavirus, i casi in Veneto per provincia e per comune

Alle ore 7.30 di oggi 13 marzo 2020
16 casi in polesine: Rovigo, Adria e Lendinara con 3 casi ciascuno; Corbola 2; 1 nei comuni di Badia Polesine, Ceneselli, Ficarolo, Lusia e Salara

Scarica in formato pdf, più leggibile.


9.3.20

Coronavirus, Zaia nel caos. Prima chiede che tutto il Veneto sia zona rossa e poi protesta. Infine cambia nuovamente idea e plaude al governo

Di governanti così sono pieni i bar
La nuova zona arancione (Corriere della Sera, 8 marzo 2020)

Governatori, si fanno chiamare così i presidenti delle giunte regionali!

A noi, in Veneto, ne è capitato uno che contraddice se stesso. In dialetto, da queste parti, si direbbe: ora da ovi, ora da latte.

Pochi giorni fa chiedeva che tutta la regione fosse considerata zona rossa (si veda il Resto del Carlino del 4 marzo) ora che tre province vengono inserite nella nuova zona arancione (vedi Dpcm dell'8 marzo) sbraita per chiederne la revoca.

Rimango del parere che "Il federalismo è una cagata pazzesca". L'autonomia regionale ancor di più.

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Aggiornamento del 10 marzo 2020

In seguito al DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 9 marzo 2020, in vigore da oggi, che estende le norme a tutta Italia, Zaia cambia ancora idea e plaude alle misure restrittive. Insomma, è nella confusione più completa.

5.3.20

Corona virus, attivo il numero verde regionale per il Veneto: 800462340


In caso di dubbi o sospetti chiamate il numero verde regionale 800462340, in caso di sintomi non andate in ospedale ma chiamate il 118
Seguire costantemente i canali social regionali https://www.facebook.com/RegionedelVeneto
https://twitter.com/RegioneVeneto e i comunicati stampa con oggetto "Coronavirus"
(fonte: sito web della Regione Veneto)





17.1.20

CARENZA SPECIALISTI ED ESODO PENSIONI: gli studi Anaao Assomed dal 2010 ad oggi



Dal sito:
✅ Inizia nel 2010 l'attività dell'Anaao Assomed di analisi e studio dei fenomeni legati alla cattiva programmazione del personale, con la conseguente carenza di specialisti fino all'esodo di medici e dirigenti per effetto dei pensionamenti.
✅ Numeri allarmanti che alla fine sono riusciti a portare il tema nell'agenda politica.
✅ E grazie all'azione dell'Anaao dopo dieci anni si parla anche di soluzioni.

Vai alla pagina dedicata.