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15.7.24

Decreto liste d’attesa. Le Regioni bocciano il provvedimento: “Imprescindibile lo stralcio dell’articolo 2”

E sulle risorse denunciano: “Testo privo di qualunque finanziamento”

Le Regioni hanno dato parere negativo in Stato-Regioni perché l’attuale formulazione dell'articolo 2 presenta dei "profili di illegittimità costituzionale" ed è necessaria una sua "riscrittura condivisa". Quanto alle risorse, spiegano che quelle stanziate in manovra per il superamento delle liste d'attesa potrebbero essere già state impegnate e, nel caso, il provvedimento sarebbe "privo di qualunque finanziamento". Bocciato anche il supertamento del tetto di spesa per il personale: "Limitate ed insufficienti novità per l’anno in corso e poche novità anche per l’anno 2025". IL DOCUMENTO

11 luglio 2024

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Approfondimenti:

9.7.24

Autonomia differenziata, la legge che rischia di smantellare il servizio sanitario nazionale

E' stata pubblicata la LEGGE 26 giugno 2024, n. 86 "Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione", il provvedimento, fortemente voluto dal presidente della giunta regionale veneta, Luca Zaia, che rischia di affossare definitivamente il sistema sanitario nazionale.

Tra le "mine" introdotte dalla legge cito solo tre aspetti:

  • a) si apre la porta alla diversificazione dei servizi;
  • b) ci potrà essere una diversificazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA);
  • c) il contratto di lavoro dei dipendenti della sanità non sarà più a carattere nazionale ma regionale.


Visualizza il testo vigente su normattiva.it

Rassegna stampa:

7.6.24

7 sindacati insieme per Ssn: "Apriamo vertenza per salvarlo"

Piattaforma comune Fp Cgil, Uil Fpl, Nursind, Nursing Up, Aaroi-Emac, Fassid e Fvm: "Messo in moto un movimento che si identifica nella rabbia di centinaia di migliaia di lavoratori"

Leggi l'articolo su adnkronos: https://www.adnkronos.com/cronaca/7-sindacati-insieme-per-ssn-apriamo-vertenza-per-salvarlo_AP7St1Kon6N6ieO45jWrw

3.10.23

3^ Manifestazione Regionale in Difesa della Sanità Pubblica. BELLUNO Sabato 28 OTTOBRE 2023

Non c'è più tempo. Ultima chiamata. Partecipiamo.

Il Governo prepara nuovi tagli, la Regione Veneto nuove privatizzazioni.
Occupiamoci della sanità prima che la sanità, ridotta allo stremo, si occupi di noi.
BELLUNO Sabato 28 OTTOBRE 2023, ore 14.30

La sanità pubblica non è un costo ma il miglior investimento possibile per il nostro futuro.



16.9.23

Luca Zaia spinge per un accordo vergognoso con i sindacati autonomi dei medici di famiglia.

Per qualche euro in più

Scandalosa trattativa tra Regione e sindacati autonomi (Fimmg, Snami e Smi)

Già operativo nell'Ulss di Belluno ora si mira ad applicarlo a tutto il Veneto.

In pratica, ai medici di famiglia verranno erogati degli incentivi economici se prescriveranno meno visite ed esami urgenti, se ricorreranno di meno alla tac e alla risonanza magnetica, se chiederanno meno visite specialistiche.

Sorprende l'adesione dei sindacati autonomi maggiormente rappresentativi (Fimmg, Snami e Smi) a questa scandalosa trattativa.

I mmg sono già sotto pressione, in caso di accordo lavoreranno in condizioni ancora peggiori.



Il 28 ottobre partecipiamo alla manifestazione regionale di Belluno, difendiamo la sanità pubblica o ci toglieranno anche l'aria.

Leggi la notizia completa su DottNet Veneto, medici pagati un euro in più a paziente se prescrivono meno esami e visite urgenti.

6.8.23

Quanto dovremmo pagare per curarci se non ci fosse più il Ssn?

fonte: quotidianosanita.it



L’Anaao Assomed presenta il “conto ombra”.

Fino a 1.200 euro al giorno per un ricovero in un ospedale privato

La sala operatoria? 1.200 euro l'ora. La parcelle del chirurgo? Da 3.000 a 10.000 euro. Per l'Anaao Assomed è solo una questione di scelte. “E i cittadini - spiega il sindacato - devono sapere che le decisioni in tema di sanità di chi ci governa avrà inevitabili e pesanti ripercussioni sulle loro tasche. Si, perché se non ci fosse più il Servizio Sanitario Nazionale, che oggi grava sui cittadini solo per la fiscalità generale, il conto delle cure sarebbe assai salato”.

01 AGO - 

Vogliamo mantenere in piedi l'attuale Sistema sanitario nazionale o siamo pronti a modifiche drastiche? E, prima di addentrarci in questa seconda ipotesi, abbiamo chiari in mente i costi che dovremmo sostenere per curarci privatamente se non esistesse un servizio sanitario pubblico universalistico? A porsi queste domande e 'presentare i conti' di ricoveri, interventi chirurgici e check up è l'Anaao Assomed.

"Siamo in una fase rischiosa per la tutela del diritto alla salute e le cause hanno radici antiche moltiplicatesi nel tempo: il cronico insufficiente finanziamento pubblico del servizio sanitario nazionale che ci qualifica come “il primo dei paesi poveri “paragonabile a Grecia e Romania; l’autonomia differenziata, l’eccessiva frammentazione regionale e territoriale che subordina il diritto alla salute alla residenza, causando drammatiche differenze di aspettativa di vita e degradanti viaggi della speranza; la mancanza di riforme organiche nazionali del servizio sanitario che innovando e aggiornando tengano il passo con le straordinarie novità scientifiche e tecnologiche di cui disponiamo, affrontando i cambiamenti demografici e sociali in cui siamo immersi. Per non parlare di Covid e post Covid con tutte le conseguenze sanitarie, sociali economiche. A questo si aggiungono la carenza di personale, l’incremento vertiginoso dei costi di tutte le attività sanitarie", spiega Anaao.

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27.7.23

Siamo senza medici, ma la Regione Veneto blocca le assunzioni

VENETO

Siamo senza medici, ma la Regione blocca le assunzioni

Servizio sanitario nazionale sempre più in emergenza

La VOCE di ROVIGO, 26.07.2023

Il Veneto si trova attualmente in una situazione paradossale: da un lato è alla disperata ricerca di medici per colmare una grave carenza di personale sanitario, ma dall'altro blocca le assunzioni dei professionisti che avevano regolarmente vinto i concorsi indetti da Azienda Zero per coprire posti disponibili nelle diverse aziende sanitarie e ospedaliere della regione.

La decisione di bloccare le assunzioni è stata presa dalla Commissione regionale per l'investimento, tecnologia ed edilizia (Crite), che ha dichiarato che le aziende sanitarie rischiavano di superare il tetto di spesa per il personale fissato da ciascun bilancio. Nel 2022, il limite di spesa ammontava a 3 miliardi e 128 milioni di euro, distribuiti tra le varie aziende del Veneto.

Sebbene nel 2022 nessuna azienda abbia superato il tetto di spesa, la fine dell'emergenza sanitaria potrebbe comportare un aumento delle assunzioni, rendendo più probabile il superamento di tale limite. La Regione ha assicurato che si sta lavorando per risolvere la situazione nel giro di qualche settimana e che il turnover tra medici in pensione e nuovi assunti sarà sempre garantito.

Tuttavia, queste rassicurazioni non hanno convinto Sonia Todesco, segretaria regionale di Cgil Fp, che ha sollevato dubbi sulla possibilità che alcuni reparti ospedalieri abbiano già un numero adeguato di operatori sanitari. Secondo i dati forniti dai sindacati, per far funzionare gli ospedali a pieno regime, garantendo turni e riposi conformi al contratto senza appoggiarsi pesantemente ai privati, sarebbero necessari circa 1.300 medici in più.

Il prossimo concorso scadrà domani e vede ancora un numero insufficiente di candidati: si cercano 60 psichiatri, 28 neuropsichiatri infantili, 21 tecnici di radiologia, 11 oncologi e un neurochirurgo.

Anche il concorso successivo, che chiuderà il 3 agosto, sembra andare sulla stessa strada con un numero di candidati limitato rispetto al fabbisogno: si cercano 101 anestesisti, 49 radiologi, 7 ortottisti, 3 chirurghi maxillo-facciali e un podologo. Al di là dei concorsi, ci sono anche avvisi pubblici di manifestazione di interesse aperti quasi a tempo indeterminato, alla ricerca di medici specializzandi, professionisti in quiescenza, infermieri e Oss con titolo conseguito all'estero.

Il paradosso diventa ancora più evidente considerando che persino i pochi professionisti che si sono presentati ai concorsi e li hanno vinti sono stati bloccati nell'assunzione. Questa situazione crea un clima di incertezza e insoddisfazione tra i candidati e la classe medica.

Nel frattempo, sembra essersi interrotta la luna di miele tra i sindacati e il nuovo direttore generale della sanità veneta, Massimo Annicchiarico. Le promesse di tavoli di confronto costanti non sono state mantenute - evidenziano i sindacati - e la mancata possibilità di un dialogo continuo e saldo sta contribuendo ad aumentare le tensioni e le richieste di risposte da parte dei sindacati.

10.6.23

Autonomia differenziata, un progetto da FERMARE.

I rischi del disegno di legge Calderoli

Dalla Sanità alla Scuola, dai Contratti collettivi di lavoro ai Diritti sociali e di cittadinanza da garantire a ogni latitudine, dalle materie strategiche come Energia e Infrastrutture alle prospettive del Tessuto produttivo.

Cgil Veneto, Cgil Lombardia e Cgil Emilia-Romagna hanno organizzato lo scorso 6 giugno a Verona l'iniziativa "Autonomia differenziata, un progetto da FERMARE".
Il link per ascoltare la registrazione:

9.2.23

Battiamoci per la sanità pubblica

fonte: quotidianosanità.it

Gentile Direttore,
sono due gli aspetti che, in futuro, sono destinati a indebolire ulteriormente la nostra sanità pubblica. In gran parte sono gli stessi che hanno segnato profondamente e negativamente il nostro recente passato, con l’aggiunta che la stagione delle riforme, appena intrapresa in assenza di personale, ne aggraverà la portata e l’indebolimento del pubblico a favore del privato. Un aspetto è di carattere economico, l’altro più squisitamente di carattere normativo. Entrambi in linea con quella visione ideologica che il privato alimenta da anni e che, grazie al controllo dei media, ha dato il via alla denigrazione dei lavoratori e del servizio pubblico prima, per aprire poi quote di mercato sempre più consistenti al privato.

L’elemento economico, noto da tempo, è emerso con grande chiarezza dalla recente Relazione della Corte dei Conti al Parlamento che ben evidenzia il tentativo, messo in campo negli ultimi 20 anni, di fiaccare e sgretolare il nostro SSN pubblico. Emerge infatti dal rapporto che, dal 2008 al 2019, mentre cresceva il finanziamento sanitario percentuale di Germania all'81,4, Francia al 34,5 e Inghilterra al 40,1, l’Italia cresceva solo del 15,4. Peggio solo la Grecia. Anche lo sforzo profuso nel biennio 20/21, causa Covid, è stato inferiore in Italia: 15,5 % rispetto a Germania 17,3% e GB 27,2%. Manca il dato cumulato francese. In termini di valori assoluti il divario tra questi Paesi è abissale.
Un cittadino italiano nel 2008 spendeva per curarsi 2279 euro, 500 euro (17 %) in meno di un cittadino tedesco, francese e inglese. Nel 2021 un cittadino italiano ha speso 3052 euro, vale a dire 3300 euro in meno - meno della metà dunque- di un cittadino tedesco che ha speso 6352 euro e 1500 euro, vale a dire un terzo in meno, di un cittadino francese o inglese che hanno speso circa 4500 euro. Nè ci attendiamo grandi recuperi purtroppo.

Nel DEF pluriennale è addirittura previsto dal governo un ulteriore definanziamento della sanità pubblica per scendere fino al 6,2% del PIL nel 2025, che posizionerà l'Italia 1 punto sotto alla media OCSE (circa 20 miliardi), 4 in meno della Germania e 3 in meno di Francia e GB. Accanto all’evidente sotto finanziamento del SSN, è cresciuta negli stessi anni, la quota delle risorse investite dal pubblico ma finite in mani private. Infatti, negli anni è scesa soprattutto la spesa per il personale che è invece l’elemento cardine di un sistema pubblico!

Nel 2002 la spesa per i redditi da lavoro dipendente in sanità ammontava al 35 % del totale, nel 2018 era del 30 %, oggi è del 29 %. Per questa stessa voce, in termini nominali si è avuto, rispetto al monte complessivo, un picco nel 2010 con 36,7 miliardi, scesa nel 2018 a 34,8 miliardi. Oggi siamo a 38,1 miliardi per i lievi incrementi 20/21 Covid correlati, che stanno peraltro mettendo in crisi i bilanci delle regioni a maggiore vocazione pubblica per la mancata compensazione delle spese Covid 2021 da parte degli ultimi 2 governi. Il blocco decennale dei contratti, il contenimento degli stipendi e del turnover sono alla base di questi dati.

Nello stesso periodo sono invece cresciuti in sanità, dal 20 al 30 % , i consumi intermedi, configurando di fatto un passaggio di risorse pubbliche in mani private. In conclusione, la logica del sotto finanziamento e del taglio di personale nel decennio 2009-2019 aveva messo in ginocchio il SSN, come la pandemia ha impietosamente dimostrato. La perdita di 40.000 posti letto e 37.000 dipendenti pubblici del sistema sanitario nazionale è stata la diretta conseguenza di questi tagli.

Il permanere del blocco di spesa per le assunzioni al 2004 meno 1,4 %, deciso dal ministro Brunetta nel 2009 sempre reiterato tranne brevi e poco significative parentesi, è alla base di questa dinamica che ha indebolito il sistema pubblico. La politica di investimenti sanitari per silos separati non consente peraltro travasi e, proprio a causa del blocco assunzionale, impedisce di incrementare la spesa per il personale.

Si assiste così a un doppio paradosso: anche se aumentasse il finanziamento complessivo gli organici resterebbero bloccati; se una regione volesse, anche a invarianza di spesa, incrementare il personale non lo potrebbe fare perché andrebbe oltre il tetto di spesa per il personale fissato oltre 15 anni fa. Dunque siamo all’interno di una doppia camicia di forza che indebolisce il sistema pubblico: un limite di spesa complessivo e il blocco delle assunzioni. In pratica si salvaguarda il privato e si colpisce il pubblico che non può assumere per rispondere ai nuovi bisogni legati all’invecchiamento della popolazione, alla conseguente crescita delle cronicità, alla comparsa di nuove insidiose patologie. Si invoglia così a esternalizzare.

Indebolire il pubblico per poterlo prima screditare e poi sostituire con il privato è una ricetta ormai nota che abbiamo imparato e provato sulla nostra pelle. Anche il tema delle aggressioni ai sanitari è spesso il frutto avvelenato di questa narrazione.

Con questa dinamica perversa ci approntiamo alla riforma della Medicina territoriale del DM 77. Una riforma che vede grandi investimenti pubblici strutturali e tecnologici grazie al PNRR. Case della comunità, Ospedali di comunità e Centrali Operative territoriale non tarderanno a prendere fisicamente corpo. Ma chi è come gli darà vita? Nulla o quasi nulla è previsto dal punto di vista delle assunzioni pubbliche. Chi popolerà dunque quelle strutture finanziate da risorse pubbliche? Se non si rimuove il vincolo del blocco di spesa per le assunzioni pubbliche la risposta è scontata! Il privato ringrazia per l’ennesimo regalo!

Non siamo mai stati inclini alla retorica degli eroi, abbiamo fatto il nostro dovere, onorato il patto sociale e il giuramento professionale, non meritiamo però un altro tradimento. Non lo meritano i cittadini già pesantemente impoveriti. Se non ci sarà un atto di resipiscenza del governo, dovranno essere tutte le forze sindacali a porre insieme e con forza il tema della tutela della salute pubblica come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della comunità…. come recita l’articolo 32 della nostra Costituzione repubblicana.

Pasquale D’Onofrio
Segretario regionale FP Cgil Medici e Dirigenti Sanitari Toscana

25 gennaio 2023


Stiamo rendendo l’accesso alle cure un privilegio di pochi

fonte: quotidianosanità.it

di Ornella Mancin

31 GEN - 

Gentile Direttore,
ha ragione il prof. Cavicchi: la sanità pubblica sta morendo sotto i nostri occhi e nessuno sta muovendo un dito perché questo non avvenga. I benzinai, i tassisti, tanto per citare alcune categorie, sono in grado di farsi ascoltare dai governi di turno; noi non ci riusciamo eppure abbiamo in mano le sorti di uno dei servizi pubblici più importanti per la popolazione.

Essenzialmente perché siamo divisi in mille rigoli difficili da ricomporre e poi perché ci hanno sempre fatto ritenere “poco etico” scioperare: non si possono bloccare i servizi sanitari perché i cittadini ne hanno bisogno e noi lavoriamo per la salute degli altri.

Ma se tutto questo rischia di finire miseramente, se la sanità pubblica finirà di essere tale se noi non ci muoviamo , non può diventare “etico” scioperare e bloccare tutti i servizi sanitari perché la politica si renda conto dell’estrema gravità della situazione?

Parigi val bene una messa!

Ci sono un sacco di motivi per incrociare le braccia:

  • un carico burocratico che sta distruggendo la professione,
  • la carenza di personale sanitario che ci costringe sia che si lavori in ospedale che si lavori nel territorio a carichi di lavoro ormai intollerabili,
  • una continua e progressiva esternalizzazione dei servizi che rende il lavoro in sanità sempre meno competente e più rischioso per la salute dei cittadini,
  • stipendi poco dignitosi a fronte di cifre esagerate elargite alle cooperative esterne che forniscono personale spesso poco qualificato,
  • l’aumento di aggressività dei pazienti che spesso frustrati nelle loro richieste esprimono il loro carico di rabbia verso chi li cura perché rappresentano l’unico “front-office” verso cui ci si può scagliare,
  • la percezione chiara che tutto ciò non interessa i decisori politici che stanno lasciando che lo sfascio si avveri.

Su tutto questo si sta abbattendo l’autonomia differenziata, come una spada di Damocle destinata a dare il colpo di grazia al nostro SSN decretando per sempre la fine.

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17.1.20

CARENZA SPECIALISTI ED ESODO PENSIONI: gli studi Anaao Assomed dal 2010 ad oggi



Dal sito:
✅ Inizia nel 2010 l'attività dell'Anaao Assomed di analisi e studio dei fenomeni legati alla cattiva programmazione del personale, con la conseguente carenza di specialisti fino all'esodo di medici e dirigenti per effetto dei pensionamenti.
✅ Numeri allarmanti che alla fine sono riusciti a portare il tema nell'agenda politica.
✅ E grazie all'azione dell'Anaao dopo dieci anni si parla anche di soluzioni.

Vai alla pagina dedicata.

5.6.19

Benazzo (Cgil): all'Ulss 5 Polesana, nonostante l'azione dei sindaci e del sindacato, pesanti i tagli negli ospedali pubblici

fonte: RovigoOggi.it

Davide Benazzo, segretario provinciale di FP Cgil Rovigo fa un resoconto dei posti letto e delle apicalità che si sono perse in provincia di Rovigo dopo l’approvazione delle schede ospedaliere


“I comunicati dell’Ulss e molti messaggi nei social mi ricordano molto la sindrome di Stoccolma. La sanità pubblica del Polesine non ha avuto regali da nessuno, si è semplicemente, grazie alle manifestazioni di protesta in primis dei sindaci e della Cgil, ridotto i tagli e ha conservato parti estremamente importanti per i nostri servizi (tra questi la chirurgia e urologia di Adria e la terapia intensiva di Trecenta, oltre alla classificazione “Spoke” di Adria)”. A parlare è il rappresentante della Cgil di Rovigo, Davide Benazzo che commenta le schede ospedaliere da poco approvate dalla giunta regionale.  
“Di fatto - analizza Benazzo - anche con le ultime modifiche, confrontando il tutto con la situazione esistente (diversa dalla programmazione del 2013 mai arrivata a completa applicazione), questo è il risultato: l’ospedale di Trecenta perde l’apicalità di chirurgia e di anestesia e rianimazione, perde 2 posti letto in chirurgia, 10 in ginecologia e, cosa più rilevante, perde 5 posti letto di riabilitazione spinale”
Il rappresentante della Cgil prosegue rilevando che l’ospedale di Rovigo perde l’Usd di ematologia, di dermatologia, di fisica sanitaria e della terapia del dolore, perde 29 posti letto tra lungodegenza e riabilitazione. 
“L’ospedale di Adria perde l’apicalità di Orl, di pediatria, della direzione medica, della farmacia ospedaliera, della radiologia e l’Usd di cardiologia, anatomia patologica e di medicina trasfusionale, perde 9 posti letto di chirurgia, 2 di oculistica, 4 di Orl, 9 di ortopedia (perde i posti letto ordinari e il Centro trauma di riferimento passa a Porto Viro), 12 di ostetricia e ginecologia, 4 di pediatria”. 
Benazzo spiega anche che nell’area materno infantile si sono create le stesse condizioni di 10 anni fa a Trecenta che poi hanno portato alla chiusura del punto nascite. “A questo si aggiunga che tutte le strutture, compresa la classificazione in “Spoke” di Adria, rimangono sotto esame della direzione dell’Area sanità e sociale della Regione con valutazione finale in base al decreto ministeriale 70 e al Piano nazionale esiti dell’Agenas che, alla luce dell’importante sofferenza degli organici che sta mettendo in discussione la stessa erogazione dei servizi, del bacino d’utenza chiaramente troppo basso anche a causa della legge regionale di riforma delle Ulss, della forte competizione del privato, vero vincente di queste schede ospedaliere, rimanda solo di due anni ulteriori tagli con il forte rischio di marginalizzazione della nostra provincia, in barba all’articolo 4 del Piano socio sanitario regionale che prevede la salvaguardia delle specificità tra cui il Polesine. Da sottolineare poi il tentativo di giustificare i tagli con l’evoluzione della sanità che dovrebbe vedere sempre più ridurre l’attività ospedaliera a vantaggio del territorio quando le stesse schede decretano un rafforzamento degli ospedali privati. 
Secondo Benazzo, l’ospedale di Porto Viro quasi raddoppia l’attività chirurgica (più 11 posti letto di chirurgia e 10 di ortopedia) diventando Centro trauma di riferimento del Basso Polesine e aumenta di 4 posti la riabilitazione, a cui si aggiungono 15 posti di extra Regione e 12 di comunità.  
“L’ospedale privato di Rovigo cede 10 posti di chirurgia a fronte dell’aumento di 20 posti di medicina e 20 di riabilitazione, passando da 70 posti letto totali a 100 (incremento posti letto di quasi il 50%). L’ospedale di Santa Maria Maddalena vede fortemente implementare l’attività chirurgica dove i posti letto diventano ordinari e ai quali si sommano altri 31 posti letto per l’extra regione”.
Benazzo ritiene utile anche sottolineare che dal 2010 al 2017 (“dati Ulss”) “il costo della produzione, cioè quanto speso per la nostra sanità, è passato da circa 580 milioni a 547 e il costo del personale da 152 a 147 milioni. In merito poi agli investimenti strutturali utile ricordare che quanto finalmente ora si sta realizzando, compreso il nuovo laboratorio, sono progetti che risalgono a ben prima che arrivasse il dottor Compostella e che risolvono situazioni fortemente in difficoltà soprattutto nella parte vecchia dell’ospedale.
Per vedere anche il bicchiere mezzo pieno, oltre a riconoscere positivo il risultato delle iniziative di protesta con il recupero di parte dei tagli, riteniamo positiva la scelta di invertire la precedente programmazione del 2013 mantenendo con un leggero aumento i posti letto dell’Area medica anche alla luce di una mancata riforma del territorio, da circa 8 anni fiore all’occhiello della Regione come le mai realizzate medicine di gruppo integrate, che purtroppo continua a determinare un intasamento dei pronto soccorsi e dei reparti medici che spesso ricoverano ben oltre alla normale capienza”. 
Articolo di Sabato 18 Maggio 2019

22.2.19

Ulss 5 Polesana. “Non c’è alternativa. Molti reparti chiuderanno”

fonte: rovigoindiretta.it

L'allarme lanciato dai sindacati di medici e comparto ospedaliero oggi in assemblea: raccolte le prime 300 firme per una petizione

ROVIGO – Si sono travati questa mattina tutti insieme, sia medici che personale del comparto ospedaliero, per lanciare un grido d’allarme: così non si può più continuare. Medici e infermieri, radunati in assemblea insieme ai sindacati denunciano la riduzioni degli investimenti in ambito sanitario oltre alla drammatica mancanza di personale. Per non parlare degli specialisti, tanto che il dottor Francesco Chiavilli commenta: “Dovranno essere prese delle decisioni drastiche sia per la sicurezza dei pazienti che del personale ridotto all’osso. Questo significa che andranno chiusi i reparti. Se anche cambiasse la programmazione della Regione e delle Università, saremo ancora in carenza di medici specialisti per almeno 5 anni. Non c’è alternativa alla chiusura”.

Leggi l'articolo completo, con video.

Vedi anche l'articolo del Resto del Carlino

Ospedali della provincia di Rovigo, manca il personale

I sindacati riuniti sottolineano la preoccupante emergenza

21.11.18

Il coordinamento dei comitati polesani in difesa della salute a sostegno della protesta dei medici

Le ragioni dello sciopero sono le emergenze del polesine.
Personale cortese e disponibile non può supplire alla miseria dei numeri.
Ogni medico in meno nel servizio pubblico spinge il paziente verso il privato.
Non c'è riorganizzazione che tenga: l'esiguità dei numeri penalizza i servizi.


Venerdì 23 novembre, ore 8.00, troviamoci davanti all'ospedale di Rovigo


----Comunicato stampa

Il 23 di novembre i medici ospedalieri scenderanno in sciopero.

Quando categorie di lavoratori tanto importanti decidono di attuare forme di protesta tanto forti ci sono sempre ragioni non negoziabili e anche stavolta sono inevitabilmente tali.

Ragioni che riguardano l'intero territorio nazionale, ma che in Polesine assumono i connotati dell'emergenza grave.

Anche un recente report del giornale economico Italia Oggi denuncia il fatto che gli ospedali pubblici della Provincia di Rovigo soffrono di una carenza di personale che soffoca i servizi.

Non si tratta quindi di un capriccio di una categoria di privilegiati, ma della sofferenza di un settore fondamentale per il vivere dei cittadini.

Chi avesse avuto la disavventura di dover ricorrere ai servizi ospedalieri avrà toccato con mano le difficoltà in cui versano.

Personale cortese e disponibile non può supplire alla miseria dei numeri.

Una miseria frutto di scelte politiche avventurose, poco oculate e, pure, un po' sospette: ogni medico in meno nel pubblico spinge il paziente verso il privato.

E l'esiguità dei numeri diventa motivo di stravolgimenti organizzativi penalizzanti.

Per questo i comitati polesani che difendono  il diritto alla salute  sentono il dovere di essere solidali coi medici che manifestano e di portare tale solidarietà con una delegazione al presidio che si terrà il giorno 23 davanti all'ospedale di Rovigo.

La difesa della salute passa anche attraverso il sostegno dei lavoratori che se ne occupano.

Coordinamento dei comitati polesani per la difesa sella salute
(Comitato Altopolesano dei cittadini per il "San Luca", Comitato in difesa dell'ospedale di Adria "Santa Maria degli angeli", Comitato per l'art. 32, sanità e sociale)

13.11.18

Scioperano i medici dell'Ulss 5: "Siamo troppo pochi"

Sciopero con manifestazione davanti all'ospedale di Rovigo venerdì 23 novembre.


* 620 medici in pianta organica
* 533 il fabbisogno certificato dall'Ulss 5
* 503 l'ulteriore riduzione imposta dalla giunta Zaia
* 479 i medici effettivamente in servizio


Sono i numeri che ben rappresentano lo stato di difficoltà della sanità polesana.

E ancora:

* Guardie notturne di un solo medico con 160 ricoverati in più servizi;
* Frequente utilizzo di medici con contratti di collaborazione già andati in pensione e/o ricorso ad appalti con cooperative esterne (Pronto Soccorso, Suem 118);
* Attività chirurgica mantenuta solo grazie ad un costante straordinario ben oltre l’orario di lavoro e che rischia la riduzione per la mancanza di anestesisti;
* Reparti dove i medici fanno costantemente 45/50 ore di lavoro settimanali con un numero di casi da seguire ben al di sopra di quella soglia che ti permette di assicurare la qualità e la sicurezza, come nell’area internistica ma non solo;
* Reparti, come la pneumologia, dove il servizio viene integrato da personale medico di altri reparti internistici già fortemente in difficoltà (Medicina, Geriatria, Oncologia/Oncoematologia e Malattie Infettive) con ricadute drammatiche anche sull’organizzazione dove nello stesso reparto di 15 posti letto ruotano 5 specialità;
* Servizi con una riduzione drammatica del personale fino al 50% come la Pneumologia e l’Oncologia di Adria”.

Venerdì 23 novembre 2018
manifestazione davanti all'ospedale di Rovigo
Rassegna stampa:
RovigoInDiretta
RovigoOggi.it
Il Gazzettino
La Voce nuova

1.8.18

L'ALLARME DI FP CGIL: “Pochi medici, consultorio a rischio, servizi al collasso”. Altro che valutazione positiva del direttore generale dell'Ulss 5

Mentre la Conferenza dei sindaci "promuove" col massimo dei voti l'attività del direttore generale dell'Ulss 5, i problemi si aggravano.

Scarseggiamo i medici, a rischio chiusura alcuni servizi. E la regione riduce le impegnative sanitarie alle case di riposo.


da rovigoindiretta.it

“Basito leggo sulla stampa della posizione assunta dalla Conferenza dei sindaci in merito all’operato del direttore generale dottor Compostella: ma allora nel sistema sanitario e socio sanitario del Polesine tutto va bene?”. Se lo domanda Davide Benazzo, segretario generale per il Polesine della sigla sindacale Fp di Cgil, che segue anche i lavoratori della sanità, all’indomani del giudizio positivo espresso dai primi cittadini sull’operato del numero uno dell’Ulss 5 Polesana Antonio Compostella.
...
Perché, assicura Benazzo, i problemi che potrebbero giustificare una valutazione non così positiva ci sono tutti, davvero tutti. “Servizi al collasso per mancanza di personale, basti pensare che nell’area delle Medicine mancano almeno 9 medici, il Consultorio e la Tutela Minori (servizio che i Sindaci hanno delegato all’Ulss) dove per la carenza di personale si rischia l’interruzione di pubblico servizio, le case di Riposo che si sono viste ridurre le così dette impegnative sanitarie senza chiare motivazioni con riflessi drammatici sui bilanci e perciò su lavoratori e famiglie, la mancanza di strategia che ha visto l’apice con la chiusura del punto nascite di Adria, l’Ospedale di Trecenta dove sulla carta molto si è programmato, ma che continua ad essere l’ombra dell’Ospedale che potrebbe essere, l’ospedale di Rovigo che rischia il declassamento con la drammatica situazione successiva che porterebbe alla perdita delle alte specialità e lo spostamento del baricentro sanitario del Polesine verso Padova con i conseguenti riflessi negativi per il nostro territorio e per i cittadini. Ma la Conferenza dei sindaci dà il massimo dei voti al direttore generale”.

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