4.12.06

La mia preoccupazione per la chiusura di pneumologia.

Lo scorso 19 ottobre ho ricevuto la mail che riproduco di seguito. E’ una testimonianza che mi è stata inviata per l’intervista che ho reso a Telestense il giorno seguente. La pubblico ora sul blog per due motivi. Perché, per motivi di spazio, non ha trovato posto nell’interessante servizio sull’insieme dei problemi del San Luca. E poi perché, in varie occasioni, da dirigenti dell’Ulss viene proposto, come soluzione per i pazienti più gravi (i tracheostomizzati e i ventilati) il ricovero in terapia semintensiva.
La mail che riproduco di seguito, resa anonima per ovvi motivi di riservatezza, è illuminante circa le conseguenze che questo orientamento potrebbe avere sulla qualità della vita e sulla dignità delle persone coinvolte. E’ bene che gli amministratori comunali, che così assiduamente seguono in questi ultimi mesi le vicende dell’ospedale di Trecenta, ne siano a conoscenza.
Pietro Tosarello


Vorrei poter esprimere la mia preoccupazione relativa alla chiusura del reparto di pneumologia e riabilitazione respiratoria dell'Ospedale di Trecenta.
Sono una familiare di un paziente tracheostomizzato, alimentato con PEG e da due settimane in ventilazione notturna. Fino a poche settimane fa l'ansia che la patologia di mio padre comportava veniva in parte contenuta dal fatto che potevo contare su un servizio efficiente e ricco di esperienza professionale dato dal reparto Pneumo di Trecenta.
Ora, sapere che per i pazienti pneumologici sono stati riservati 5 posti letto presso il reparto di medicina non mi rasserena anche perchè è stato chiaramente ribadito che pazienti come mio padre non potranno contare su quei 5 posti: per loro è previsto un possibile ricovero presso la Semi Intensiva di Trecenta o presso il reparto di Pneumologia di Rovigo.
Da gennaio di quest'anno mio padre è stato ricoverato 4 volte presso la Pneumologia di Trecenta per broncopolmonite, insufficienza respiratoria cronica e l'emogasanalisi arteriosa rilevava un quadro di severa ipossiemia. L'essere tempestivamente sottoposto a ventilazione meccanica non invasiva per via trecheostomica con ventilatore volumetrico e supporto d'ossigeno ha sempre permesso un discreto recupero favorendo così il rientro di mio padre in famiglia.
La sola idea che un futuro, quanto probabile ricovero, possa portare mio padre in Semi intensiva mi fa rabbrividire per la situazione di isolamento in cui si troverebbe, in un contesto per necessità asettico, dove non esistono più i parametri temporali e dove il contatto affettivo per forza di cose viene limitato ad un ora al giorno. I malati come mio padre, così duramente provati sia fisicamente sia psicologicamente hanno bisogno di sentire i propri familiari vicino e questo era favorito dal personale del reparto di Pneumo che è stato chiuso. Tra familiari e personale del reparto si veniva a creare un clima di collaborazione ed un passaggio di esperienze che si rilevavano estremamente utili e rassicuranti al momento del rientro in famiglia del proprio congiunto. Era questa una ricchezza che non doveva assolutamente andare persa: ora ci si sente profondamente soli con il proprio dolore e con le proprie paure.


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