25.6.16
L'elefante si muove, convocata la conferenza dei sindaci dell'Ulss 18
Sulla sanità sta accadendo il finimondo, a livello nazionale con l'aumento dei decessi, 50mila in più nel 2015, a livello regionale con la giunta che taglia altri 240 milioni alle Ulss del Veneto, e soprattutto nell'Ulss 18 che annaspa per la mancanza di medici e personale. Ma non c'era verso che la conferenza dei sindaci si riunisse.
Scarica l'ordine del giorno21.6.16
L'Istat registra un aumento dei decessi da periodo di guerra
Per la prima volta negli ultimi novant'anni cala la popolazione.
Uno studio del Censis ci fornisce una chiave di lettura.
L'Istat tira le somme e pubblica il bilancio demografico del 2015. I decessi sono stati oltre 647 mila, quasi 50 mila in più rispetto al 2014. Contemporaneamente calano i nati, per un saldo naturale (differenza fra nati e morti) negativo per 161.791 unità. Bisogna risalire al biennio 1917-18, durante la prima guerra mondiale, per riscontrare valori ancora più elevati.
Le cause dell'aumento dei decessi vengono attribuite dall'Istat a due fattori: il calo della mortalità nel 2014 e il forte calo della copertura vaccinale contro l’influenza registrata nella stagione invernale 2014-2015 (vedi a pag. 5 del bilancio). Un aspetto quest'ultimo che ha a che fare con la qualità del servizio sanitario nazionale. La fascia di età più colpita dal fenomeno è quella che va dai 75 ai 95 anni che costituisce l'85% dell'eccesso dei decessi avvenuti nel 2015.
Tuttavia il tipo di documento, per sua natura, non è in grado di dare maggiori dettagli.
Una ricerca del Censis ha rilevato che nell’ultimo anno 11 milioni di italiani hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie (vedi precedente post). E' aumentata la spesa sanitaria privata da un lato e, dall'altro, l'allungamento delle liste di attesa ha costretto i pazienti a visite "private" all'interno delle strutture pubbliche. Per chi se lo può permettere ovviamente. Per 11 milioni di persone non sempre è stato possibile. (scarica il documento)
Se mettiamo assieme le due cose, il forte aumento dei decessi registrato dall'Istat e l'impossibilità, per una persona su sei, di sostenere le spese per le prestazioni sanitarie, non possiamo non vedere una relazione di causa ed effetto.
Le cause dell'aumento dei decessi individuate dall'Istat, quanti morti possono "spiegare"? Diecimila? Ventimila? Pensiamo a dieci o quindicimila morti in più per il calo vaccinale antinfluenzale: ma quanti telegiornali ci avrebbero fatto sopra? quanti giornali avrebbero riempito? E' una stima quindi molto grossolana ma immaginiamo pure che sia vera.
La domanda allora è: e gli altri trentamila morti in più a cosa sono dovuti? Alla povertà, alla mancanza di mezzi sufficienti per sostenere la sanità a pagamento? A me sembra che non ci sia altra spiegazione. Una strage. Mi auguro di essere smentito.
La percezione di una sanità pubblica sempre più appassita, razionata, al di sotto della soglia di sicurezza, è sempre più pesante. La carenza di medici, infermieri, tecnici, operatori sociosanitari, ma anche di mezzi, a tutto vantaggio della sanità privata e di quella pubblica a pagamento, è cronaca di questi giorni.
Si dia un'occhiata ai precedenti post:
Quando tremano i “pilastri” della sanità. Appello ai sindaci
Sanità veneta, peggiorano i conti. La Regione ordina la cura dimagrante
Brutto clima per gli anestesisti del “San Luca”
Terapia intensiva. "Non chiudete quel reparto: hanno ridato la vita a mio marito"
Segnalo, infine, un'interessante valutazione dei dati demografici diffusi dall'Istat da parte di neodemos: La popolazione italiana è ufficialmente in calo. Dobbiamo preoccuparcene?
13.6.16
Censis. 11 milioni di italiani hanno rinunciato alle cure per difficoltà economiche
Da quotidianosanita.it
Aumenta la spesa privata: liste d’attesa troppo lunghe e l’intramoenia è sempre più una scorciatoia
Leggi l'articolo completo
Aumenta la spesa privata: liste d’attesa troppo lunghe e l’intramoenia è sempre più una scorciatoia
Per il 45,1% degli italiani la qualità del servizio sanitario della propria regione è peggiorata negli ultimi due anni. Il ricorso al privato è dovuto anche al forte aumento dei ticket: 45,4% (cioè 5,6 punti percentuali in più rispetto al 2013) ha pagato tariffe nel privato uguali o di poco superiori al ticket che avrebbe pagato nel pubblico. E sono 7,1 mln coloro che hanno scelto l'intramoenia. Di questi il 66,4% per saltare le liste d'attesa. LA RICERCA
08 GIU - In Italia cresce la spesa sanitaria privata che è arrivata a 34,5 miliardi di euro, con un incremento in termini reali del 3,2% negli ultimi due anni (2013-2015): il doppio dell'aumento della spesa complessiva per i consumi delle famiglie nello stesso periodo, pari a +1,7%. Una dinamica dovuta in parte all’allungamento progressivo delle liste d’attesa, che rappresenta il moltiplicatore della forza d'attrazione della sanità a pagamento. Un altro motivo non meno importante è il forte aumento dei ticket pagati dagli italiani, visto che il 45,4% (cioè 5,6 punti percentuali in più rispetto al 2013) ha pagato tariffe nel privato uguali o di poco superiori al ticket che avrebbe pagato nel pubblico. Sono gli elementi principali che emergono dalla ricerca del Censis-Rbm Assicurazione Salute ‘Dalla fotografia dell'evoluzione della sanità italiana alle soluzioni in campo’.
9.6.16
Quando tremano i “pilastri” della sanità. Appello ai sindaci
Comitato
altopolesano dei cittadini per il “San Luca”
presso
Jenny Azzolini, Via Matteotti 82 – 45027 Trecenta (Ro) - Tel.
0425701126 – Cell. 3473490340
sito internet:
http://ospedaletrecenta.blogspot.it/
Trecenta 6 giugno 2016
Quando
tremano i “pilastri” della sanità
Davanti
a chi finge di scoprire ora le carenze del San Luca o di sorprendersi
e dolersi di casi di sanità carente, proviamo delusione e
irritazione come cittadini e come utenti. Perché, se le disfunzioni
sanitarie” ora sono tante e pesanti, non sono un male solo di oggi
ma durano da tempo e sono da tempo ben note “a chi di dovere”.
La
causa principale è la mancanza di personale (medici, infermieri,
tecnici): e la conseguenza più vistosa e poco tollerabile è la
lunghezza (sfacciata) delle liste d’attesa, che danneggia
soprattutto (guarda
caso!) i più poveri, mentre i cittadini più abbienti trovano
risposte rapide nel privato. Che ingrassa a vista d’occhio.
Tra
l’altro rimangono anche scarsamente produttivi vari costosi
macchinari non accompagnati da personale tecnico qualificato.
Il
Veneto resta la Regione con meno medici, i primari non vengono
sostituiti e mancano infermieri.
Se
non si sono raggiunti obiettivi non è per scarso impegno degli
operatori, ma per carenza di risorse e se il denaro scarseggia non
dipende solo dai tagli romani, ma dalla scelta di iniziative che sono
solo spot. La trovata delle visite di notte, senza centrare
l’obiettivo, è costata ai Veneti, in un anno, 7 milioni di € e
molte ULSS per aprire gli ambulatori di notte li hanno chiusi di
giorno. Ora, visto che i maggiori fruitori sono anziani …
Con
la realizzazione del Piano socio-sanitario regionale ci troveremo con
ulteriore carenza di posti letto, ulteriore insufficienza di medici,
di infermieri, di operatori socio-sanitari.
Con
le schede ospedaliere, uscite nel 2012, pareva che la regione
razionalizzasse le risposte sanitarie creando una continuità
assistenziale tra ospedale e territorio.
Invece,
soprattutto per mancanza di personale, mentre nella realtà viene
smantellato il San Luca, contemporaneamente è ridotta l’attività
di assistenza sul territorio (Adi - ambulatori - punti sanità).
E
intanto un fiume di denaro è affluito e affluisce costantemente a
cliniche e centri medici privati in modo molto discutibile. Un
fenomeno definito “spreco “ in più relazioni del dott.
Marcolongo. Il
dirigente aveva più volte detto al Governo della Regione Veneto che
l’ULSS 18, se avesse realizzato in proprio parte dei servizi
regalati ai privati, avrebbe potuto risparmiare quasi 14 milioni di
euro all’anno. Nessuno ha mai detto che Marcolongo aveva fatto
conti sbagliati, ma si è continuato ad andare avanti come se lui non
avesse detto niente.
Adesso
però si esagera con gli interventi riduttivi: al
San Luca è già stata dimezzata l’attività chirurgica e si teme
che nelle prossime settimane si debba sospendere del tutto.
Questo
perché gli
anestesisti non sono più numericamente sufficienti a garantire il
servizio.
La
gara indetta dall’azienda per appaltare temporaneamente le guardie
a professionisti esterni è stata vinta da una cooperativa di Bo che
però per ora non è in grado di assicuraci i turni richiesti.
E
situazione più o meno simile hanno i ginecologi, che pur ricorrendo
all’istituzione di convenzioni libero-professionali esterne, non
sono a tutt’oggi in grado di sostenere i reparti di Trecenta e
Rovigo.
E
desta preoccupazione pure il servizio di Terapia Antalgica.
Dicono
che non si trova un numero di specialisti sufficiente a colmare le
carenze di organico date da pensionamenti e turnistica europea. E,
pur essendo queste evenienze prevedibili, purtroppo non è stata
fatta adeguata programmazione nelle università.
Dicono
che il problema è su scala regionale.
Lo
slogan “meno ospedale e più territorio” che ha accompagnato
tutto l’iter di approvazione del nuovo piano socio-sanitario, alla
realtà dei fatti, si sta sempre più modificando in “meno ospedale
e meno territorio”, che non significa certo tutti più sani,
significa invece sicuramente meno servizi.
I
principali strumenti di integrazione socio-sanitaria e di sviluppo
delle attività territoriali non decollano.
Il
Comitato Altopolesano dei cittadini per il San Luca pertanto rinnova
l’invito ai sindaci dell’Ulss 18 a rispettare fedelmente il
significato della loro carica istituzionale e il mandato ricevuto dai
loro concittadini.
Abbiamo
difficoltà a credere nell'impegno dei nostri rappresentanti
regionali, impegno promesso ripetutamente, ma altrettanto
ripetutamente disatteso.
Speriamo
che i sindaci, che vivono la realtà del territorio, diano prova
concreta di voler difendere il diritto alla salute dei propri
cittadini.
Siamo
stanchi di impegni di facciata (spesso illogici e offensivi);
chiediamo azioni ferme nei confronti della Regione per difendere
l’efficienza dei nostri ospedali.
L’assessore
Coletto ha spiegato in questi giorni ai colleghi della giunta veneta
che “gli esperti”(?) hanno scoperto (!?) «Dall'analisi
dei bilanci preventivi… una perdita previsionale complessiva delle
aziende sanitarie pari a circa
660
milioni di
euro.”
Per
cui, viste le risorse finanziarie disponibili per il 2016 e dati gli
interventi di razionalizzazione
dei
costi già programmati, si rende necessario migliorare le previsioni
di almeno 240
milioni di euro».
Domenico Mantoan, direttore dell'Area sanità e sociale, dovrà«effettuare una puntuale ricognizione sui costi», integrandola con «dettagliate relazioni aziendali contenenti proposte di azioni di razionalizzazione».
Domenico Mantoan, direttore dell'Area sanità e sociale, dovrà«effettuare una puntuale ricognizione sui costi», integrandola con «dettagliate relazioni aziendali contenenti proposte di azioni di razionalizzazione».
In
seguito a questa verifica lo stesso
Mantoan
dovrà
proporre eventuali adeguamenti
alla
programmazione
regionale,
in modo da rimettere in linea gli obiettivi generali con i vincoli di
bilancio.
Detto
brutalmente: taglieranno ancora.
E il taglio non sarà indolore per noi cittadini. Siamo colpevoli di
delegare una fiducia eccessiva a chi non la merita.
Mettiamoci
il cuore in pace: pagheremo
caro, pagheremo tutto.
Per
il Comitato Altopolesano dei cittadini per il San Luca
La
portavoce Jenny Azzolini
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schede territoriali,
spesa sanitaria
5.6.16
Sanità veneta, peggiorano i conti. La Regione ordina la cura dimagrante
Rispunta la parola magica RAZIONALIZZAZIONE. Altri 240 milioni da tagliare alle Ulss. Insomma, sembra che al peggio non ci sia fine.
Da Corriere del Veneto, mercoledì 1 giugno 2016
Cura dimagrante in vista per i bilanci delle aziende sanitarie del Veneto.
È stata pubblicata ieri sul Bur la delibera con cui la giunta prende atto degli strumenti previsionali presentati dagli enti del sistema sanitario regionale.
«Dall'analisi dei bilanci preventivi - ha spiegato ai colleghi l'assessore di comparto Luca Coletto - emerge una perdita previsionale complessiva delle aziende sanitarie pari a circa 660 milioni di euro, in peggioramento rispetto alla perdita in corso di formazione su dati di quarta trimestrale 2015 di circa 349,5 milioni di euro».
Secondo la giunta le motivazioni di questo aggravamento sono varie: dall'iscrizione prudenziale di minori ricavi dal Fondo sanitario regionale a causa dei tagli, agli incrementi di costo previsti per l'erogazione di farmaci e servizi.
Di qui l'imperativo: «In ragione delle stime più aggiornate disponibili sulle risorse finanziarie per il 2016 nonché degli interventi di razionalizzazione dei costi già programmati, si rende necessario migliorare le previsioni di almeno 240 milioni di euro».
Come? Con l'incarico a Domenico Mantoan, direttore dell'Area sanità e sociale, di «effettuare una puntuale ricognizione sui costi», integrandola con «dettagliate relazioni aziendali contenenti proposte di azioni di razionalizzazione».
In seguito a questa verifica lo stesso Mantoan dovrà proporre eventuali adeguamenti alla programmazione regionale, in modo da rimettere in linea gli obiettivi generali con i vincoli di bilancio.
Leggi l'articolo completo
Delibera della giunta regionale:
Vai alla pagina del BurVeT
Da Corriere del Veneto, mercoledì 1 giugno 2016
Cura dimagrante in vista per i bilanci delle aziende sanitarie del Veneto.
È stata pubblicata ieri sul Bur la delibera con cui la giunta prende atto degli strumenti previsionali presentati dagli enti del sistema sanitario regionale.
«Dall'analisi dei bilanci preventivi - ha spiegato ai colleghi l'assessore di comparto Luca Coletto - emerge una perdita previsionale complessiva delle aziende sanitarie pari a circa 660 milioni di euro, in peggioramento rispetto alla perdita in corso di formazione su dati di quarta trimestrale 2015 di circa 349,5 milioni di euro».
Secondo la giunta le motivazioni di questo aggravamento sono varie: dall'iscrizione prudenziale di minori ricavi dal Fondo sanitario regionale a causa dei tagli, agli incrementi di costo previsti per l'erogazione di farmaci e servizi.
Di qui l'imperativo: «In ragione delle stime più aggiornate disponibili sulle risorse finanziarie per il 2016 nonché degli interventi di razionalizzazione dei costi già programmati, si rende necessario migliorare le previsioni di almeno 240 milioni di euro».
Come? Con l'incarico a Domenico Mantoan, direttore dell'Area sanità e sociale, di «effettuare una puntuale ricognizione sui costi», integrandola con «dettagliate relazioni aziendali contenenti proposte di azioni di razionalizzazione».
In seguito a questa verifica lo stesso Mantoan dovrà proporre eventuali adeguamenti alla programmazione regionale, in modo da rimettere in linea gli obiettivi generali con i vincoli di bilancio.
Leggi l'articolo completo
Delibera della giunta regionale:
Vai alla pagina del BurVeT
2.6.16
Brutto clima per gli anestesisti del “San Luca”
Scarseggiano gli specialisti in tutto
il Veneto
In grave pericolo l'attività
chirurgica
La carenza critica di organico rischia
di affossare l'ospedale che, per una quantità di servizi, ha bisogno
di un'adeguata dotazione di questi specialisti.
Degli 11 idonei del concorso espletato
il 3 marzo, 10 hanno rinunciato all'incarico. Sono rimasti in
servizio 4 anestesisti e mezzo, un numero insufficiente per tenere in
piedi tutti i servizi.
L'Ulss ha indetto una gara per
appaltare temporaneamente le guardie a professionisti esterni, ma la
cooperativa aggiudicataria a tutt'oggi non è in grado di assicurare
i turni richiesti.
Difficile anche trovare un aiuto fra il
personale dell'ospedale di Rovigo che, per malattie, ferie e
pensionamenti, è in difficoltà di suo.
Già ora l'attività chirurgica al “San
Luca” è stata dimezzata, ma se non ci sarà supporto nelle
prossime settimane si dovrà sospenderla del tutto.
E situazione più o meno simile hanno i
ginecologi, che pur ricorrendo all'istituzione di convenzioni
libero-professionali esterne, non sono a tutt'oggi in grado di
sostenere sia il reparto di Trecenta che di Rovigo.
Purtroppo gli specialisti scarseggiano,
troppe le carenze di organico date da pensionamenti e turnistica
secondo le norme europee.
E' triste constatare che pur essendo
queste evenienze prevedibili, non è stata fatta adeguata
programmazione nelle università. E il problema è su scala
regionale.
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