10.8.18

Mangiare o curarsi?


Comitato altopolesano dei cittadini per il “San Luca”
Portavoce Jenny Azzolini, Via Matteotti 82 – 45027 Trecenta (Ro) - Tel. 0425701126 – Cell.  3473490340
sito internet:Pietro Tosarello http://ospedaletrecenta.blogspot.it/

Data 10 agosto 2018

Mangiare o curarsi?
Ci piaccia o no, quasi tutti, almeno una volta, hanno fatto ricorso alla sanità privata, perché obbligati dalle attese nel servizio pubblico, che non riesce a dare risposte in tempi ragionevoli all’ansia dei cittadini afflitti da malattia.
Allarmati come tanti dal profilarsi di un nuovo modello sanitario copia di quello statunitense, più che sulle disfunzioni della sanità pubblica ci preme, in questa lettera, richiamare l’attenzione su un aspetto inquietante della realtà, già rilevato da Istat e Censis, e solo ora denunciato da Confcooperative - Sanità e da parte della stampa.
I dati sono impietosi e dovrebbero creare sconforto e disagio anche nelle coscienze tiepide di amministratori e politici.
La brutale oggettività dei numeri crea notevole preoccupazione nella mente e nella sensibilità di quanti (esistono ancora) si pongono domande sul mestiere di vivere e sulla possibilità di modificarne gli aspetti non accettabili.
12,2 milioni di italiani rinunciano a curarsi per difficoltà economiche; più di 7 milioni si sono indebitati per farlo; 2,8 milioni hanno venduto la casa per sostenere le spese per la salute.
Insomma può curarsi solo chi può pagare. E’ una sanità solo per chi se la può permettere.
Ben 7 famiglie su 10, fra quelle a basso reddito, dichiarano che la spesa per la salute incide pesantemente sul bilancio familiare, mentre il 47% afferma di tagliare altre spese (utili) per potersi curare.
D’altra parte, se 7 milioni di persone sono in grave stato di deprivazione (12% della popolazione), e 18 milioni (30% della popolazione) sono a rischio di povertà o esclusione sociale, trova completamento la riflessione sulla “salute” dei poveri.
Altroché diritti per tutti ed uguaglianza sociale! Il nostro è sempre più un paese disuguale. 
Le famiglie più ricche (il 10% del totale) possiedono il 46% della ricchezza privata, quelle molto meno ricche (50% del totale) posseggono solo il 9,4%. Quindi se i poveri, già costretti ad una vita pesantemente difficile, si ammalano, sono cavoli loro. E così sia.
Eppure esistono possibili soluzioni per ridurre l’abisso tra blocchi sociali e raccattare qualche soldo per migliorare la vita dei meno abbienti e garantire loro un possibile accesso alle cure mediche. Per esempio, una lotta seria all’evasione fiscale, che ormai ammonta a 110 miliardi l’anno. Una perdita enorme che si potrebbe recuperare.
Poi c’è la corruzione, che ogni anno si mangia 50 miliardi. Per non parlare delle spese militari (armamenti, “missioni di pace” ecc.), contrarie all’art. 11 della Costituzione; oppure i soldi buttati nei salvataggi delle banche, gestite in maniera scriteriata; o, peggio ancora, i soldi persi nelle scommesse fatte con le grandi banche internazionali sull’andamento dei tassi d’interesse: 18 miliardi nel periodo 2013-2016.
Intanto il debito pubblico italiano è diventato un bubbone enorme che, secondo osservatori esperti e qualificati, ha tre gravi conseguenze: crea povertà, aggrava le disuguaglianze e provoca disoccupazione.
Quindi è la povertà di troppi che si estende come una condanna odiosa e attacca duramente quella voce sacra della qualità della vita che è la salute.
E’ un vero peccato che finisca così la “pacchia” dei poveri cristi italiani e non.

Per il Comitato Altopolesano dei cittadini per il San Luca
la portavoce Jenny Azzolini Rossi

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