13.5.16

Terapia intensiva. "Non chiudete quel reparto: hanno ridato la vita a mio marito"


OSPEDALE ULSS 18 SAN LUCA TRECENTA (ROVIGO) La toccante lettera di una rodigina che ha toccato con mano la professionalità dei medici: "Gli hanno insegnato di nuovo a camminare, a parlare, a vivere"

(da RovigoOggi.it)

Spesso si parla della chiusura dell'ospedale San Luca di Trecenta, o comunque del taglio di alcuni suoi reparti, non giudicate strategici o convenienti. La lettera di una donna al cui marito è stata letteralmente donata una seconda vita in quelle corsie capovolge del tutto le prospettive e fa riflettere seriamente.

Trecenta (Ro) - "La terapia intensiva dell'ospedale San Luca di Trecenta è seriamente a rischio chiusura, il personale è poco e i turni a cui è sottoposto sono tosti. Non sono nessuno, ma ho avuto la fortuna di conoscere i professionisti che lavorano qui in un difficile momento della mia vita e nel mio piccolo vorrei far qualcosa per far capire l'importanza di questo reparto e la ricchezza di chi ci lavora".
Comincia così la testimonianza di Laura Marchetti, che arriva in un momento non facile per la sanità polesana in genere e per l'ospedale San Luca in particolare, spesso al centro di ipotesi di chiusura o comunque di ridimensionamento.
"Non sono un politico - prosegue la testimonianza - e so far quadrare a malapena i conti della mia famiglia, non certo quelli di un ospedale o una regione. Ma so per certo che i letti della terapia intensiva non sono mai abbastanza purtroppo. Lo so perché mio marito ci ha passato quasi 2 mesi, dopo 50 minuti di arresto cardiaco. E so anche che la terapia intensiva di un grande ospedale ha ritmi molto diversi da quelli di un piccolo ospedale in mezzo alla campagna, ma non per questo è meno utile o importante, anzi!".
"Senza le strategie e le terapie messe in atto a Rovigo forse mio marito non sarebbe qui ora, ma senza le cure e le attenzioni che ha ricevuto al San Luca non avrebbe avuto un recupero così importante, perché non basta la terapia giusta, servono anche tanti stimoli per tornare alla propria vita! E la nostra vita è ricominciata grazie a quei medici e infermieri che ogni giorno hanno dato il massimo per curarlo, aiutarlo, incoraggiarlo, facendo una diagnosi tempestiva e al tempo stesso stimolando le sue capacità, facendogli ricordare e memorizzare il nome delle sue bimbe, spronandolo a non arrendersi e a non abbattersi, a sforzarsi a parlare, a muoversi, a guardare anche dove la vista lo ingannava".
"In questo modo ha iniziato il suo percorso riabilitativo fin da subito, sfruttando al massimo le sue potenzialità, che gli hanno permesso un pieno recupero contro ogni iniziale prospettiva! La dottoressa Anna Bocchi è una persona straordinaria, che fa il proprio lavoro con competenza, amore e passione, che non dimentica mai il lato umano della terapia, che sa trovare le parole giuste per il paziente e i suoi familiari. E straordinario è tutto il suo staff, nessuno escluso, fatto di medici e infermieri preparati e attenti ad ogni esigenza! Sono i 'cugini di campagna' e si sa che l'aria di campagna fa davvero bene".
"Per cui prima di chiudere questo reparto pensate se davvero si risparmia qualcosa, se davvero vale la pena perdere una risorsa del genere. Perché i letti a Rovigo non saranno mai abbastanza, perché ci sono pazienti che devono passare molto tempo in terapia intensiva, che non possono andare in reparti dove i ritmi sono veloci e le attenzioni ridotte. Perché quando una cosa funziona bisognerebbe trovare tutte le risorse disponibili per supportarla. Perché sarebbe una grande perdita per tutto il territorio. Perché a volte il vero guadagno è investire invece che tagliare".
12 maggio 2016

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